Economia

L'Italia torna a essere un vero produttore di auto

Dopo il crollo del 2013 quest'anno atteso un milione di veicoli. Il volano di Melfi (Fca)

L'Italia torna a essere un vero produttore di auto

In un'Italia che tenta di salire sul treno della ripresa e dove i giovani senza lavoro rappresentano il 44,2%, il settore dell'auto - che pure sta uscendo, tra tante difficoltà, dalla crisi - è tra i pochi ad aver rialzato la testa. E non solo per i dati positivi del mercato (+15,2% nel primo semestre), dovuti in larga parte alle novità, ai bonus, alle promozioni da parte di costruttori e concessionari, oltre alla necessità di pensionare il vecchio veicolo (sono 18,7 milioni, il 50% del parco, le vetture con 10 anni di età: di queste, 9 milioni sono ancora più anziane; evidenti i rischi per l'ambiente e la sicurezza).

A emergere, infatti, è l'aspetto produttivo, per lunghi anni tallone d'Achille del Paese. L'Italia, dunque, torna a dir la sua in fatto di produzione di veicoli nonostante il fisco (il settore ha versato 71,6 miliardi allo Stato nel 2014, il 16,8% del gettito complessivo: il 4,5% del pil rispetto alla media Ue del 3,4%) e l'attesa di misure strutturali di sostegno da parte del governo. La produzione, secondo i calcoli dell'Anfia, la filiera italiana dell'automotive, tra gennaio e giugno ha superato di oltre il 40% i livelli di un anno fa. E solo il comparto autovetture ha visto un incremento del 63%, con più di 343mila unità realizzate (+75% se si considera unicamente il secondo trimestre). Rispetto al 2013, anno dove si è toccato il punto più basso (388mila unità), a fine anno la produzione di vetture dovrebbe salire a circa 650mila (400mila nel 2014), ma se si aggiungono anche i camion e i bus, sarà raggiunta o sfiorata quota 1 milione. «Ha premiato - spiega l'Anfia - il lancio dei nuovi modelli prodotti da Fca a Melfi, Jeep Renegade e Fiat 500X, che hanno contribuito al sostegno di una domanda interna in ripresa. Tutto il settore sta svolgendo il ruolo di propulsore della produzione industriale». Da qui l'invito che Gian Marco Giorda, direttore dell'Anfia, rivolge alle istituzioni affinché venga elaborata un strategia di sostegno, attraverso politiche industriali mirate, verso un comparto che occupa direttamente e indirettamente 1,2 milioni di persone e che, secondo Unioncamere-Prometeia, ha generato il 4,6% del valore aggiunto nazionale, circa 65 miliardi di euro.

Il rilancio in atto di Fca, con la progressiva saturazione degli impianti in Italia (Cassino e Mirafiori si preparano ad accogliere le novità Alfa Romeo e Maserati, Giulia e Levante), fa sicuramente da traino al dato positivo della produzione. Proprio in questi giorni, tra l'altro, Melfi (8mila addetti) celebra l'anno della sua nuova vita da hub per l'export con la nascita del primo veicolo Jeep prodotto fuori dagli Usa (la prima nave carica di Renegade diretta in America ha salpato in gennaio da Civitavecchia). Dalle linee della fabbrica lucana sono usciti, finora, circa 200mila veicoli. La svolta produttiva gioca, ovviamente, anche a favore dell'occupazione. E Fca, grazie ai contratti siglati con i sindacati, Fiom esclusa, entro l'anno assumerà un migliaio di persone.

Tra i «big» che hanno attività industriali in Italia, c'è anche il gruppo Volkswagen, con Lamborghini (S. Agata Bolognese), Italdesign (Moncalieri-Torino) e Ducati (Borgo Panigale-Bologna): circa 14mila gli addetti, tra diretti e indiretti, del colosso in Italia, e 2 miliardi gli investimenti, come ricordato da Luca De Meo, responsabile globale per vendite e marketing e membro del board di Audi, alla presentazione della studio sull'automotive Unioncamere-Prometeia.

Nell'occasione, Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, ha sottolineato come «l'auto resti un settore strategico, continui in modo importante a sostenere l'occupazione, e quindi, a cascata, i consumi e il fisco».

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