Economia

Londra lancia l'allarme sul capitale di Unicredit

Pesa l'Ucraina. Ma l'ad Ghizzoni punta tutto sul piano di taglio dei costi. Sale l'attesa per il cda di domani

Mentre si avvicina il cda che domani dovrà approvare i conti semestrali e soprattutto varare la semplificazione organizzativa - a cominciare dall'eliminazione della figura del direttore generale, poltrona oggi occupata da Roberto Nicastro - il Financial Times affonda la penna su Unicredit. Secondo il quotidiano inglese, infatti, l'amministratore delegato Federico Ghizzoni starebbe valutando una svolta strategica per aumentare la redditività della banca, così da tranquillizzare gli investitori ed evitare un aumento di capitale. I riflettori si sono accesi sul parametro che misura la solidità patrimoniale, il Common Equity Tier 1: alla fine del primo trimestre Unicredit era al 10,1%, «nella gamma bassa rispetto ai concorrenti europei», sottolinea l'Ft aggiungendo che questo dato può far sorgere il timore di una richiesta di ricapitalizzazione da parte delle Autorità di vigilanza. A questo si aggiungerebbe il crescente nervosismo di alcuni dei soci non italiani della banca per l'andamento del titolo in Borsa cresciuto del 2% negli ultimi 12 mesi rispetto al +50% messo a segno dalla concorrente Intesa Sanpaolo. Tra le misure allo studio, Ghizzoni punterebbe dunque a mettere in campo un «aggressivo» piano di ristrutturazione delle attività in Germania e Austria che hanno un cost/income ratio dell'80% circa, e che potrebbe fruttare risparmi per 500 milioni all'anno, in attesa dell'aggiornamento del piano industriale al 2018 previsto entro fine anno. Per supportare le sue tesi il giornale della City cita fonti finanziarie. Anche gli analisti di Intermonte mantengono una visione cauta sul titolo, perché ritengono che i trend operativi siano ancora deboli e la posizione di capitale non sia ottimale.

Di certo, c'è solo che Unicredit sta valutando come affrontare un nuovo scenario macroeconomico, con bassi tassi di interesse a partire dal 2015 in poi. Il top management ha infatti sottolineato nelle scorse settimane che si tratta «solo di una messa punto» incentrata su «misure per il contenimento dei costi e il rilancio sul fronte dei ricavi». Tra queste, c'è lo snellimento della struttura organizzativa in alcune aree e la generazione di maggiori ricavi da provvigioni e commissioni. Nel piano strategico quinquennale, presentato a marzo dello scorso anno, la banca ha fissato un obiettivo di 6,6 miliardi di utile netto per il 2018. Previsti anche investimenti per 4,5 miliardi e 1,3 miliardi di risparmi su costi. In base al consensus degli analisti, Ghizzoni dovrebbe riportare un utile netto vicino alla soglia del miliardo, mentre per l'intero anno la previsione riportata sul sito internet di Unicredit è di 2,248 miliardi. Sullo sfondo, il gruppo deve tenere sotto controllo l'esposizione in Ucraina dove opera attraverso la controllata Ukrsotsbank che nel primo semestre ha registrato 8,3 miliardi di grivni (pari a circa 342,5 milioni di euro).

Ieri, intanto a Piazza Affari, le perplessità del Financial Times non hanno scosso il titolo che ha chiuso la seduta in parità (+0,08%) a 6,04 euro.

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