Economia

Manovra da 10 miliardi tra la solita spending review e tagli alle agevolazioni fiscali

Spunta l'ennesima riforma della tassazione locale sugli immobili. Padoan spera nella riduzione dello spread e negli introiti della voluntary disclosure

Manovra da 10 miliardi tra la solita spending review e tagli alle agevolazioni fiscali

Al ministero dell'Economia è già iniziato il taglia e cuci. Tra la solita spending review e i soliti tagli alle agevolazioni fiscali ne dovrebbe venir fuori una manovra da 10 miliardi di euro che sarà varata venerdì prossimo. Martedì, subito dopo Pasqua, Matteo Renzi avvierà le danze per mettere a punto il Documento di economia e finanza i cui contenuti sono stati già anticipati oggi da Repubblica. L'obiettivo primario è tentare di non aumentare le tasse e, al tempo stesso, evitare la clausola di salvaguardia che, al netto dei 6 miliardi già realizzati quest'anno, vale circa 10 miliardi di aumento dell'Iva e delle accise dal primo gennaio del prossimo anno. Insieme al Def, poi, il governo dovrà portare a Bruxelles il Piano nazionale di riforme che contiene i desiderata del governo.

"Il governo - si legge nella bozza del Programma di stabilità da inviare alla Commissione Ue - si impegna ad assicurare ulteriori risparmi pari a 0,45 punti percentuali del pil nel 2016". I 7,2 miliardi di euro ricavati serviranno a sterilizzare l'aumento dell'Iva. A questi si aggiungeranno "ulteriori risparmi strutturali che verranno dalla revisione dell'insieme delle tax expenditures come previsto dai decreti attuativi della delega fiscale". I propositi sono buoni, ma il governo Renzi non ha mai brillato nei tagli. A questo giro ha messo a punto otto punti di azione: allineare le regole del Patto di stabilità degli enti locali a quelle europee; rivedere le aziende municipalizzate (in particolar modo le aziende di trasporto pubblico e quelle di raccolta dei rifiuti che "soffrono di gravi e crescenti criticità di costo"); riorganizzare le Prefetture e, più in generale le strutture periferiche; istituire una "unità indipendente" che valuti gli investimenti pubblici per ridurne i costi; rivedere le pensioni di invalidità e ottimizzare il coordinamento tra Inps, Comuni e Asl; ripensare gli acquisti per i beni della Pubblica Amministrazione; razionalizzare le detrazioni fiscali e gli incentivi alle imprese. Dulcis in fundo, spunterebbe anche l'ennesima riforma della tassazione locale sugli immobili.

Il governo può contare su un paio di clausolo per evitare la riduzione del deficit dello 0,3% in modo da arrivare, come concordato a Bruxelles, al pareggio di bilancio strutturale prevista entro il 2016. Da una parte dovrà decidere se scendere all'1,8% del rapporto tra deficit e pil, come fissato nel vecchio Def, oppure aumentarlo per avere più respiro, dall'altra potrà riscattare 7-8 miliardi (cioè lo 0,5 del pil) che vengono concessi dall'Europa a chi mette in atto riforme strutturali. Se, invece, il governo dovesse decidere di riudurre il deficit dello 0,3%, la manovra per il 2016 lieviterebbe da 10 a 15 miliardi di euro.

In questo quadro già di per sé complicato gli occhi del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan sono puntati sullo spread. Grazie al bazooka di Mario Draghi, la spesa per interessi dell'Italia potrebbe essere ridotta di circa 5 miliardi di euro. C'è, poi, l'incognita della voluntary disclosure che, stando al Def, dovrebbe portare nelle casse dello Stato dai 3 ai 5 miliardi di euro.

Ma entrambe le entrate sono troppo ipotetiche per poterci contare.

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