Economia

Mediobanca aspetta il rialzo del Leone

Nagel: "La cessione del 3% delle Generali non è un passo obbligato a questi prezzi"

La sede di Mediobanca in piazzetta Cuccia, a Milano
La sede di Mediobanca in piazzetta Cuccia, a Milano

Per Mediobanca non c'è alcuna fretta di allentare la presa su Generali dove detiene il 13% del capitale. Lo ha ribadito ieri l'ad, Alberto Nagel, nel corso della presentazione dei conti trimestrali dell'istituto precisando che la cessione del 3% del gruppo assicurativo, prevista dal piano industriale entro giugno 2019, non è un passo obbligato ma opportuno per crescere nel business.

«I nostri valori di carico non sono lontani dal prezzo attuale (ieri 14,04 euro, ndr) che però non è sufficiente per vendere», ha dichiarato il banchiere. All'orizzonte si profila, inoltre, un appuntamento importante: il rinnovo, il 7 maggio, del cda di Generali, custode di 64 miliardi di debito pubblico italiano. La cordata tricolore è aumentata di peso: il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, è salito al 3,51% grazie a un altro 0,081% del capitale acquistato a inizio settimana e sembra puntare almeno al 5%. La stessa quota che è ormai alla portata di Francesco Gaetano Caltagirone, salito a sua volta dal 4,4 al 4,5% e pronto anch'egli a crescere ancora. Infine ci sono i Benetton, arrivati al 3 per cento. «Non posso che osservare come altri gruppi italiani per di più importanti manifestino una convinzione e un apprezzamento del potenziale», ha detto ieri Nagel auspicando che Generali «rimanga un campione con solide radici italiane seppure con un business internazionale». Ma sottolineando anche che le mosse degli altri grandi soci sono «frutto di singoli decisioni, non ci sono programmi condivisi» e che «ognuno si muove rispettando la propria autonomia e convenienza in funzione dei valori e degli altri business che ha». Una precisazione non casuale, vista l'ipotesi riportata nei giorni scorsi dal Giornale secondo cui gli imprenditori del Leone potrebbero compattarsi attorno a un pacchetto presto superiore a quello di Piazzetta Cuccia guardando anche alla nomina del futuro presidente della compagnia (Gabriele Galateri, in scadenza ad aprile, non è infatti rinnovabile per i limiti d'età).

Nel frattempo si è aperto il cantiere sullo stesso governo societario di Mediobanca. L'annunciata decisione di Vincent Bollorè di uscire, a dicembre, dal patto di sindacato con il suo 7,9%, fa scendere sotto la soglia di validità (il 25% del capitale) il patto e automaticamente lo porta a decadenza. I pattisti, a iniziare da Unicredit (all'8,4%), hanno poco più di un mese per decidere se dar vita a un patto «light» o vagliare altre soluzioni.

Ieri, intanto, il titolo Mediobanca ha guadagnato il 3,8% a 7,78 euro con volumi superiori alla media mensile giornaliera. Il rialzo è stato alimentato dai conti trimestrali superiori alle attese: un utile netto di 245 milioni (rispetto a un consenso di 220 milioni) e ricavi per 637,7 milioni (più dei 628 milioni stimati dagli analisti).

Nonostante l'aumento dello spread, l'istituto, che detiene 2,8 miliardi di Btp e non ha intenzione di fare altri acquisti, ha confermato un indice di patrimonializzazione al 14,18% (dal 14,24% di giugno).

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