Economia

Il mercato si apre a Uber Ma in Italia è ancora stallo

Passi avanti di Croazia e Portogallo sulle leggi che regolano il servizio. Da noi resta limitato

Il mercato si apre a Uber Ma in Italia è ancora stallo

Si sta risolvendo il limbo normativo in cui finora è nata e cresciuta Uber, contrastata dai tassisti di tutto il mondo e apprezzata da milioni di consumatori grazie a servizi low cost (UberPop) e in condivisione (Uber Pool). Molti stati stanno provvedendo a una regolarizzazione delle piattaforme elettroniche che si pongono come intermediari tra chi offre e chi cerca servizi di trasporto. Dal 2009 l'app mette in contatto tramite macchine e viaggiatori con formule diverse da Paese a Paese ed è oggi valutata 68 miliardi di dollari.

Lo scorso dicembre la Corte di Giustizia europea aveva statuito che l'attività del gruppo fondato da Travis Kalanick e presente in 81 Paesi «deve essere considerata indissolubilmente legata a un servizio di trasporto» e per questo «esclusa dall'ambito della libera prestazione dei servizi in generale, nonché della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno e della direttiva sul commercio elettronico». La Corte di Giustizia aveva poi delegato ai singoli stati membri «la disciplina delle condizioni di prestazione di tale servizio».

A inizio giugno la Croazia ha decretato che bastano poco più di cento euro per acquistare una licenza taxi (costituendo però una società che può essere individuale), oltre al compimento dei 21 anni, a un apposito esame e a una macchina con meno di sette anni. Per chi decide di operare in modo esclusivamente o parzialmente tradizionale (in piazzola), occorre poi dotarsi si tassametro e listino prezzi. Operando invece attraverso la sola piattaforma elettronica, come quella di Uber, il servizio offerto è su prenotazione. In Portogallo invece, a fine luglio, sono stati legalizzati i servizi di trasporto intermediati da piattaforme digitali, proprio mentre in Spagna esplodeva la guerra dei tassisti in opposizione alle ventilate aperture a Uber. Lisbona peraltro richiede una tassazione specifica sulla commissione intascata dalle piattaforme su singolo viaggio, la contrattualizzazione dei conduttori che quindi non potranno essere autonomi (salvo che costituiscano una propria società), un orario massimo di lavoro, oltre a un corso di formazione obbligatorio prima di poter esercitare l'attività di conducente oltre alla mancanza di pendenze penali. Ad oggi, le licenze di taxi in Portogallo erano pari a 13.500, mentre Uber ha già arruolato circa 6mila conducenti. In Italia lo scenario è di stallo: con le licenze dei taxi blindate (40mila circa) e la forte opposizione dei tassisti che ha segnato le varie tappe successive all'ingresso nel Paese. Uber è attiva solo con Uber Black, la modalità auto con conducente (nel territorio sono, complessivamente, 80mila circa) e solo su Roma e Milano. Di fatto il brand nella penisola si sta espandendo con i servizi di consegna di pranzi e cene di Uber Eats grazie a cui la società di San Francisco sta ritagliandosi spazi nell'ambito delle istituzioni nazionali e locali. Il lancio di Uber Eats è avvenuto a Milano a fine 2016, ma l'espansione vera e propria è iniziata a maggio, con la partnership con McDonald's che ha portato il servizio anche a Napoli, Rimini, Reggio Emilia, Roma.

Ora l'obiettivo è quello di lanciare una città nuova al mese.

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