Economia

Mittal tira dritto sui 4mila esuberi Ilva

Il big indiano rinuncia a «tagliare» gli stipendi, ora in gioco c'è la parte variabile

Mittal tira dritto sui 4mila esuberi Ilva

Riparte la trattativa all'Ilva. Am Investco, la cordata acquirente - composta dal gruppo franco indiano Arcelor Mittal (85%) e Marcegaglia (15%) -, che tratta con il governo per rilevare il colosso della siderurgia italiana, ha fatto un passo indietro: nessuna riduzione dei salari attraverso l'eliminazione degli scatti retributivi ai 10mila lavoratori che saranno riassorbiti nella «nuova Ilva. Una mossa che era stata paventata nell'ultimo tavolo della trattativa grazie alla possibilità di applicare il Jobs Act ai lavoratori «riassunti» con nuovo contratto dalla cordata acquirente. E che aveva causato la chiusura del negoziato.

Così, dopo uno stop di diverse settimane (dal 9 ottobre) riparte il tavolo su Taranto. A dare la notizia è stato ieri il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, uscendo dall'incontro tenutosi all'acciaieria pugliese. Arcelor Mittal, l'acquirente del gruppo finito in mano ai commissari, ha confermato dunque ai sindacati il piano per Ilva che prevede 10mila lavoratori strutturali, e 4mila esuberi. Nell'incontro ha però mostrato disponibilità a riconoscere la vecchia struttura salariale, con l'obiettivo di lavorare sulla parte variabile dello stipendio. Nella precedente versione, il costo medio del lavoro sarebbe passato da circa 50 a 42mila euro. Mentre ora Arcelor Mittal sarebbe pronta a discutere i singoli elementi del piano, anche nella parte relativa all'occupazione, rimettendo in parte «mano» al portafogli.

«Convocherò un tavolo istituzionale con gli enti locali, 5 regioni e 42 comuni coinvolti dalla vertenza Ilva», ha annunciato Calenda accusando gli enti locali di aver rifiutato un confronto e rinnovando la richiesta al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di ritirare l'impugnativa del Dpcm sul piano ambientale: «Ci sono in ballo 5,4 miliardi, quasi una piccola Finanziaria», ha detto. Molto fredda la reazione del governatore della Puglia che, lanciando l'hastag #nonfareilfurbocalenda, ha spiegato di non aver rifiutato il confronto ma di volere un unico tavolo per piano industriale e ambientale. Muro contro muro anche con il Comune di Taranto che ha confermato il ricorso al Tar contro il piano ambientale. Se dunque tra governo e acquirente è pace fatta, i maggiori problemi per Calenda arrivano ora dal fronte interno.

Oltre agli enti locali anche i sindacati non sono soddisfatti: «Così non va bene» ha commentato il segretario confederale della Cgil, Maurizio Landini, «è grave che su una vicenda strategica per il Paese come quella dell'Ilva, che riguarda anche migliaia di lavoratori dell'indotto e dei servizi e che implica grandi questioni ambientali e di salute, non siano state convocate le Confederazioni e che si continui ad escludere dal confronto le istituzioni regionali e territoriali». Non si sbilancia la Fiom che piuttosto «prende atto» del congelamento della procedura ex art. 47 perché, dice, «è fondamentale che quanto previsto nella procedura venga ritirato» e perché «per poter avviare una fase negoziale è necessario prendere visione sia del piano industriale che di quello ambientale». Incontro negativo invece per l'Usb la cui soluzione alla vicenda Ilva resta la nazionalizzazione. Una richiesta che richiama un'altra opzione, però respinta anche ieri dallo stesso Calenda: l'ipotesi di far entrare nella cordata Am Investco la Cdp in qualità di garante dello Stato. «Su Cdp non ci sono le caratteristiche», ha risposto Calenda chiudendo la partita.

I prossimi appuntamenti previsti sono ora il tavolo sul piano industriale (9 novembre) e quello sul piano ambientale (14 novembre).

Commenti