Economia

"Mutui più cari? La colpa è dello spread"

Pirovano (Abi): è la forbice Btp-Bund a fare la differenza con gli altri Paesi

Sbattute come un mostro in prima pagina da uno studio di Confartigianato secondo cui i mutui in Italia sono i più cari d'Europa, le banche non ci stanno a recitare la parte del cattivo. A giocare di rimessa, del resto, i nostri istituti sono abituati da quando hanno dovuto difendersi dalle accuse di credit crunch, o di praticare tassi d'usura.

La ricerca puntava il dito su quel 3,07% fatto pagare in media sui prestiti concessi per l'acquisto della casa, 36 punti base in più rispetto al 2,71% rilevato nei Paesi dell'eurozona. Unito al diluvio crescente di imposte sulla casa, il fenomeno del caro-mutuo sarebbe oltretutto tra le cause alla base della crisi dell'intero settore immobiliare. «Sull'impatto della tassazione, aumentata del 107%, posso anche concordare - afferma Giovanni Pirovano, vicepresidente di Banca Mediolanum e componente del comitato di presidenza dell'Abi - , ma non sul fatto che le banche stiano lucrando sui mutui approfittando dei bassi tassi offerti dalla Bce». Sono due, secondo Pirovano, le ragioni per cui in Italia i prestiti risultano più onerosi: la prima è legata allo spread, l'altra al merito creditizio. «Il parametro per un mutuo quinquennale - spiega il banchiere - è il Btp a cinque anni, oggi all'1,25%, cui va appunto sommato lo spread». Se per le big del nostro sistema creditizio questo differenziale è circoscritto a 25-30 punti base, per altre può anche superare quota 100. «Inoltre - aggiunge Pirovano - istituti come la Deutsche Bank possono sfruttare il bund allo 0,23% e uno spread non superiore ai 10 punti per offrire condizioni decisamente vantaggiose alla propria clientela».

Proprio con lo scopo di rendere meno onerosi i prestiti-casa, l'Abi ha sottoscritto una convenzione con la Cassa depositi e prestiti per la concessione di mutui con uno spread dell'1,99%, cui va aggiunto lo 0,19% di Euribor a tre mesi. «In pratica - sottolinea Pirovano - il tasso complessivo è inferiore a quello del periodo pre-crisi, quando l'interesse era del 3,25%». La formula adottata in collaborazione con la Cdp potrebbe servire a ridare nuovo vigore al mercato dei prestiti per la casa. I primi sei mesi dell'anno hanno comunque già fornito qualche indicazione positiva: «Le nuove erogazioni - sottolinea Pirovano - sono cresciute del 28% rispetto allo stesso periodo 2013». Il rischio è però quello che la contrazione subita dall'economia anche nella prima parte dell'anno (-0,2% il Pil) incrini il grado di fiducia delle famiglie. Pirovano non teme tuttavia ripercussioni sulla concessione di mutui derivanti dall'asset quality review e dagli stress test: «Le famiglie sono solvibili, il problema delle sofferenze riguarda soprattutto le imprese».

In ogni caso, la strada è ancora lunga: nel 2010 le banche avevano prestato 62 miliardi, mentre la stima per quest'anno è di 25 miliardi contro i 17,6 del 2010.

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