Economia

Nagel e Ligresti prosciolti dalle accuse sul «papello» Fonsai

Infondatezza del reato di ostacolo alla Vigilanza. Per la Procura ci fu un patto segreto, ma poi naufragò

Scrive il pm Luigi Orsi: «L'accordo siglato da Ligresti e Nagel il 17 maggio 2012 rappresenta un patto; questo patto avrebbe dovuto rimanere segreto rispetto al mercato e alla vigilanza di Consob».

È una richiesta di archiviazione amara, quella che Orsi ha chiesto e ottenuto per l'indagine a carico di Alberto Nagel, ad di Mediobanca, e di Salvatore Ligresti per la vicenda del «papello» in cui si promettevano mari e monti alla famiglia dell'Ingegnere se avesse accettato le condizioni delle banche per la fusione tra Fonsai e Unipol. Da un lato Nagel ottiene di scrollarsi di dosso l'accusa di ostacolo alla Vigilanza. E il pm riconosce «l'infondatezza della notizia di reato in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non appaiono idonei a sostenere l'accusa in giudizio»; ma dall'altro il numero uno di Piazzetta Cuccia vede smantellate dalla Procura le sue tesi difensive, secondo cui l'appunto con le promesse era solo «un ridicolo pezzo di carta scritto a mano», che lui avrebbe firmato solo «per presa visione», impietosito da un Ligresti che «minacciava il suicidio». Per la Procura, era invece un accordo a tutti gli effetti, che aggirava gli obblighi imposti per il via libera alla fusione con Unipol. E Nagel evita di finire sotto processo solo perché alla fine l'accordo sottobanco rimase senza conseguenze, visto che tre settimane dopo i Ligresti - sentendosi comunque accerchiati e vessati - votarono contro all'ipotesi di concambi azionari necessaria all'operazione.

Nella ricostruzione della Procura l'obiettivo dei Ligresti era ottenere quelle garanzie che la Consob aveva proibito che ottenessero, e cioè uscire di scena con le tasche piene. Ovvero «45 milioni netti per il 30% di Premafin - ai quattro (i Ligresti ndr ), 700mila euro all'anno per 5 anni a testa», più consulenze, benefit e garanzie varie.

Scrive il pm: «Nagel ha speso molto impegno per sostenere che la sua firma su quel foglio di carta sarebbe stata una “presa visione” dei desideri di Ligresti. Di più: la firma sarebbe stata apposta ioci causa , anzi pietatis causa . Se i Ligresti possano far valere qualche diritto a partire da quel documento, lo vedrà un giudice civile. Basta qui rilevare quanto lo stesso Nagel ha dichiarato: con quel gesto aveva inteso impegnarsi a trovare il modo di fare avere ai Ligresti quanto da sei mesi andavano reclamando». E ancora: «Nagel, quindi, avrà pure firmato con la riserva mentale di non dar seguito all'accordo, ma di certo ha mostrato di voler rabbonire i suoi disperati (e per lui pericolosi) interlocutori. La firma su quel documento, compromettente sotto ogni aspetto, anche solo reputazionale per il caso che venisse a galla, pareva ed era in quel momento il male minore per addomesticare i Ligresti».

E la gravità dell'accordo per Orsi è dimostrata anche dalla segretezza con cui venne stilato e affidato alla segretaria del patto di sindacato di Mediobanca, Cristina Rossello, e poi «dall'atteggiamento - ai limiti della violazione della legge - tenuto dell'avvocato Rossello prima di consegnare il documento». Conclusione del pm: «Nagel ha dichiarato che, firmando il documento, si era impegnato ad aiutare i Ligresti in una forma che non violasse la legge. Ma davvero non si indovina quale avrebbe potuto essere la modalità legale e soprattutto trasparente di accontentare i Ligresti assicurando a loro favore benefici riservati».

Se tutto non fosse saltato, insomma, Nagel sarebbe finito sotto processo per manipolazione del mercato.

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