Economia

Nella lista nera della Vicenza i "soliti noti" delle sofferenze

Fra i primi cento grandi debitori della ex Popolare spuntano nomi già incrociati in altri crac bancari

Nella lista nera della Vicenza i "soliti noti" delle sofferenze

Il presidente della commissione di inchiesta sulle banche, Pier Ferdinando Casini, era stato chiaro: «Gli elenchi dei grandi debitori insolventi delle banche venete rivestono carattere segreto».

Così segreto che non solo gran parte di quei nomi era già uscito sui giornali a gennaio di quest'anno, ma su due testate (il Corriere e La Stampa) sono apparsi gli stralci dell'intero elenco.

Le prime 100 posizioni a sofferenza rappresentano 1,2 miliardi di credito di valore nominale, cioè il 21% del totale delle sofferenze del gruppo vicentino. Su queste, 21 posizioni (per 519 milioni) sono oggetto di richiesta di rimborso danni verso i precedenti amministratori. Per 10 posizioni di credito per 186 milioni sono clienti che hanno sottoscritto capitali per i cosiddetti finanziamenti «baciati». Molti nomi spuntano anche in altri disastri bancari. Come due società collegate al default di Banca Etruria, Etruria Investimenti e Sant'Angelo Outlet, rispettivamente per 7,2 milioni e 12 milioni. Entrambe avrebbero ottenuto fidi grazie alle relazioni con l'ex presidente dell'istituto aretino, Lorenzo Rosi e l'ex consigliere Luciano Nataloni.

Compare su più liste anche la società Acqua Marcia Immobiliare, esposta con Vicenza per 17,3 milioni. L'azienda di Francesco Bellavista Caltagirone, cugino di Francesco Gaetano, ha fatto crac nel 2012 sotto il peso di oltre un miliardo di debiti con le banche. Mps aveva prestato 60 milioni per il Porto di Imperia e un albergo di Catania, Etruria altri 60 milioni sempre per il porto ligure, Carife 70 milioni per l'acquisto di alberghi, Carige 70 milioni per l'iniziativa immobiliare di via Calchi Taeggi a Milano e Veneto Banca aveva prestato 65 milioni sia per i porti che per iniziative immobiliari. Altri 120 milioni erano stati chiesti a Bnl, 110 milioni al Banco Popolare con la ex Lodi e ben 240 milioni erano arrivati dalla cordata guidata da UniCredit e Rbs per l'acquisizione del Grand Hotel Molino Stucky di Venezia (in questo caso le banche hanno ceduto i crediti vantati nei confronti di Acqua Marcia al gruppo Marseglia che è subentrato). Francesco Bellavista Caltagirone fa però notare che il suo nome non è assimilabile agli altri nomi contenuti nell’elenco dei debitori. Il gruppo Acqua Marcia, infatti, chiese e ottenne i prestiti dalle banche sulla base di una solida situazione finanziaria e di garanzie credibili. E’ stata l’inchiesta sulla presunta truffa sulla costruzione del Porto di Imperia (terminata con l’assoluzione definitiva di Bellavista Caltagirone) a causare il fallimento del gruppo Acqua Marcia. Insomma, anche nel caso della Popolare di Vicenza, Bellavista Caltagirone può considerarsi legittimamente una vittima. Una tesi corroborata anche dalla decisione della procura di Arezzo, che al termine dell’inchiesta sul crac di Banca Etruria, ha escluso Bellavista Caltagirone dai nomi delle persone da rinviare a giudizio, proprio perché i prestiti erano stati richiesti e ottenuti dal gruppo sulla base di garanzie credibili.

Un altro nome ricorrente nelle liste dei debitori delle banche del crac è il marchio della moda Mariella Burani Fashion Group, fallito nel febbraio 2012 che con la Vicenza ha una «sofferenza» di oltre 7 milioni, e la Pari srl legata al gruppo di Davide Degennaro coinvolto nell'inchiesta su presunti episodi di corruzione tra privati a carico dell'ex direttore generale di Banca Marche, Massimo Bianconi. Nel 2012, sostiene la procura di Ancona, Bianconi avrebbe favorito aperture di credito a Degennaro per 10,3 milioni ricevendone in cambio 3,59, transitati sui conti di moglie e figlia, mascherati da preliminare di cessione di un immobile dei Parioli.

Il fallimento o il mancato rimborso di un prestito non è di per sé il segnale di un intento doloso. L'attività di un'azienda è incerta per definizione, e proprio per questo la banca deve mettere in conto a sua volta il rischio d'impresa. Ma se l'azienda chiede finanziamenti importanti a due, tre, dieci banche (che aprono i «rubinetti» con estrema fiducia) e poi non li restituisce, allora sì che sorge il sospetto del dolo. I nomi dei «soliti noti» dei crac bancari confermano, inoltre, un dato registrato dalla Cgia di Mestre: l'81% delle sofferenze del sistema è causato dal primo 10% degli affidati. Si tratta di prestiti sopra i 500mila euro che, di norma, vengono erogati a grandi gruppi e a grandi aziende.

Ben lontani dai piccoli commercianti, artigiani o lavoratori autonomi.

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