Economia

Nella Ticino fashion valley scatta l'allarme fiscale

L'intesa tra Gucci e l'Italia accende il faro sui brand del lusso oltreconfine

Nella Ticino fashion valley scatta l'allarme fiscale

Trema la «fashion valley» del Canton Ticino in Svizzera. La trattativa di Gucci (gruppo Kering) con la Procura di Milano per sanare un'accusa di evasione fiscale da 1,5 miliardi accende i riflettori sulle centinaia di imprese del lusso che, a partire dalla fine degli anni '90, hanno messo radici nel Mendrisiotto. Secondo «Invest in Ticino» le società del fashion presenti a Lugano e dintorni sono 320 e impiegano 4.100 addetti, ma allargando il perimetro all'intero universo del lusso, si arriverebbe, secondo altri studi, addirittura a 700 imprese per 9.000 addetti. Un universo in grado di generare un giro d'affari di 10 miliardi di franchi, almeno stando al report di qualche tempo fa dell'Ire (Istituto di ricerche economiche dell'Università della Svizzera italiana) e che, nel 2017, avrebbe portato alle casse del solo Canton Ticino introiti per 40 milioni. Un mondo che però potrebbe essere in bilico: Francia e Italia stanno portando avanti indagini sull'ipotesi che alcuni brand del lusso abbiano utilizzato le sedi svizzere per aggirare, attraverso operazioni contabili, le imposte da versare nei Paesi in cui gli articoli erano stati commercializzati, preferendo piuttosto pagare le più basse imposte svizzere. Più in dettaglio, l'imposizione fiscale in Ticino è stimata intorno al 16,7%, senza considerare eventuali agevolazioni effettuate a livello comunale o cantonale per attrarre nuove imprese.

VF Corporation (a cui fanno capo The North Face, Napapijri, Vans, Timberland, Lee, Wrangler, Eastpack), sulla promessa di esenzione decennale dalle tasse municipali ha chiuso nel 2009 il proprio quartiere generale europeo di Treviso per aprirlo a Stabio. E non è un caso isolato. L'agguerrita politica fiscale, la stabilità del Paese, un mercato del lavoro flessibile, la burocrazia ai minimi termini e i collegamenti veloci con l'Europa, hanno convinto numerosi brand del lusso a traslocare o a rafforzare la propria presenza nel Canton Ticino, a un'ora di macchina da Milano, tra le capitali della moda europea ma con un'imposizione fiscale doppia. Così, a pochi chilometri dal confine sono sorte sedi logistiche, magazzini, oltre a centri amministrativi, commerciali e direzionali di numerose maison.

Più raro l'ambito produttivo. per cui gli indirizzi prediletti dalla moda rimangono nel Sud Est Asiatico. Appena varcato il confine con l'Italia c'è perfino un'eccellenza tricolore come Zegna che, stando ai dati presenti su Swissfirms, impiega a Stabio, tramite la controllata Consitex, 975 persone. Tra i big ci sono anche Guess Europe con 150 dipendenti a Bioggio; Hugo Boss Ticino a Coldrerio e Tom Ford a Stabio. Kering, che proprio pochi mesi fa ha delocalizzato in Italia 150 posti di lavoro, sempre secondo Swissfirms opera attraverso Luxury Goods Logistics con sede a Bioggio; Luxury Goods International con sede a Cadempino e vendite intorno agli 1,65 miliardi e Luxury Goods Operations. All'appello rispondono anche Abercombie&Fitch da Mendrisio; da Chiasso La Martina; e da Manno Michael Kors, mentre Philippe Plein, stando ai post dello stesso stilista, a Lugano impiega 140 persone e genera un fatturato di 300 milioni di dollari.

Giorgio Armani invece è andato controcorrente e ha chiuso nel 2016 la Swiss Branch, riportando le attività a Milano.

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