Economia

Nelle Generali super-italiane i Benetton votano con i fondi

Con i soci tricolori al 28%, Edizione si scosta da Mediobanca per evitare rischi di Opa. E il gruppo apre ad acquisizioni

Nelle Generali super-italiane i Benetton votano con i fondi

Trieste Sorpresa all'assemblea delle Generali che ieri ha approvato il bilancio 2018 e rinnovato i vertici: i Benetton hanno votato la lista di Assogestioni, e non quella di maggioranza presentata da Mediobanca. Una decisione effettuata dall'alto del 4% oggi detenuto dalla holding Edizione (rispetto al 2,99% di un anno fa) nel Leone di Trieste, da un lato per rimarcare la natura puramente finanziaria dell'investimento e dall'altro per allontanare il rischio che la Consob accerti un'azione di concerto tra i soci italiani obbligandoli a lanciare un'Opa sul colosso assicurativo. La mossa è peraltro in linea con quella di non rivendicare poltrone nel nuovo cda nonostante il peso nell'azionariato. Almeno per ora, fintanto che Mediobanca, principale azionista del gruppo con il 12,92% del capitale (dal 12,97% di un anno fa) non decida, come in teoria previsto, di scendere sotto al 10% della compagnia assicurativa, lasciando spazio ad altri azionisti.

La decisione non può non sorprendere: la famiglia Benetton, presente nel capitale di Generali fin dal 2005, si era finora schierata con Mediobanca (tanto più che è presente nel patto di Piazzetta Cuccia con il 2,1% del capitale). Ma certo né Ponzano Veneto aveva mai raggiunto prima d'ora il 4% del capitale, né i grandi soci italiani rappresentati in cda e in genere candidati nel board dalla lista di maggioranza Cuccia, avevano mai sfiorato il 29% del capitale (comprendendo anche la quota di Benetton). Un livello decisamente pericoloso che avrebbe rischiato di far scattare la soglia di Opa che, per Generali, si dovrebbe attestare al 25% del capitale. Negli ultimi mesi, infatti, hanno rafforzato la presa sulla compagnia assicurativa anche Leonardo Del Vecchio (al 4,96% del capitale dal 3,16% di un anno fa) e Francesco Gaetano Caltagirone al 5 dal precedente 4 per cento. Stabile invece Dea Capital all'1,7 per cento. D'altro canto il colosso assicurativo con i suoi 515 miliardi di attivi, i 59 miliardi circa di Btp in portafoglio e una raccolta di 488 miliardi, rappresenta un baluardo strategico nello scenario politico-economico italiano. E sì, come ricordano fonti da Ponzano Veneto, con un dividendo di 0,9 euro per azione, assicura anche un buon rendimento (pari al 5,2%) sulla liquidità investita. Proprio Caltagirone, confermato ieri nel board di Generali, rivendicava ancora lunedì sera un posto in cda per la famiglia di Ponzano Veneto, così come l'hanno ottenuto gli altri soci italiani di peso. Una poltrona di prestigio che tuttavia potrebbe costare 27 miliardi, la capitalizzazione del Leone in caso di obbligo di Opa.

Ecco quindi che, nonostante il cda sia stato all'insegna della continuità, la fotografia scattata ieri a Trieste mostra un gruppo completamente diverso rispetto a quello di solo dodici mesi fa. Dove però, formalmente, non cambia nulla. E infatti l'assemblea, in cui era presente il 55,87% del capitale (compreso il 20,5% di istituzionali esteri e l'1,29% di fondi italiani), si è quasi equamente divisa tra la lista presentata da Mediobanca (che ha raccolto i voti del 60,7% del capitale presente) e quella di Assogestioni (votata dal 38, 9% del capitale presente, Benetton compresi), finendo per eleggere 11 dei 13 componenti del precedente board. Compresi il presidente Gabriele Galateri di Genola e l'ad Philippe Donnet. Che per realizzare gli obiettivi previsti dal piano al 2021 (crescita media annua dell'utile per azione compresa tra il 6 e l'8% e distribuzione tra il 65 e il 55% dell'utile come dividendo) si è detto pronto allo shopping. Gli occhi sono puntati sulle «quattromila piccole e medie società di assicurazione» in Europa, soprattutto ad Est.

«Alcune di queste - ha detto Donnet - avranno l'interesse ad integrarsi in gruppi assicurativi più importanti, ovviamente noi saremo uno di questi».

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