Economia

Nike s'arrende a Amazon e mette le scarpe in rete

Mossa per contrastare l'ascesa Usa di Adidas e catturare i Millenials. E il titolo vola: +8%

Nike s'arrende a Amazon e mette le scarpe in rete

È una capitolazione inaspettata e storica: dopo anni di sdegnosi rifiuti motivati dalla volontà di non macchiare il pedigree del marchio, Nike abbassa la testa e decide di affidare ad Amazon la vendita di parte del suo ricco catalogo di scarpe e abbigliamento sportivo. «È un esperimento pilota», ha messo ieri le mani avanti Mark Parker, ad del gruppo di Beaverton (Oregon).

In realtà, ha tutta l'aria di essere il classico punto di non ritorno. Subito fiutato da Wall Street, con il titolo balzato dell'8% certo non solo per i conti del quarto trimestre fiscale oltre le attese (ricavi in crescita del 5,3% a 8,68 miliardi di dollari, profitti adjusted di 60 centesimi per azione, sopra i 50 centesimi previsti dagli analisti). Altra ciccia arriverà infatti proprio dalla liaison finora proibita con la creatura di Jeff Bezos: fra i 300 e i 500 milioni di dollari, secondo la previsione di Parker, saranno garantiti solo negli Usa proprio dalle vendite on-line targate Amazon.

A solleticare il mercato non sono però solo i numeri. È il cambio di strategia, la virata decisa di un gruppo consapevole che i tempi non stanno cambiando: sono già cambiati. Se il taglio annunciato di 1.400 posti (il 2% della forza lavoro) era la risposta elementare all'esigenza di sforbiciare i costi, l'abbraccio con Amazon è il classico modo di far di necessità virtù. Un passo forzato dalla bancarotta di Sports Authority, uno dei più grandi clienti all'ingrosso di Nike, strangolato proprio dall'esponenziale crescita dell'e-commerce, e teso a contrastare la rivale Adidas, la cui quota è raddoppiata negli States in un anno arrivando al 10% (Nike ha il 45%). Amazon è inoltre l'alleato forte con cui eliminare dalla rete una bella fetta di sneaker, felpe e borse con la virgola taroccata (mercato dei falsi su cui, in virtù dell'intesa, sarà anche lo stesso gruppo di Bezos a dover vigilare) e grazie al quale intercettare i ricchi acquisti fatti a colpi di mouse dai Millenials. Ma non solo. Il «data profiling» di Amazon, con i gusti di miliardi di clienti catalogati con precisione digitale, rappresenta un serbatoio incredibile da cui attingere per poi mettere a punto nuovi modelli, proposte e collezioni. Una produzione calibrata che potrebbe essere accompagnata dalla rottamazione delle scorte in eccesso, da cedere a rivenditori esterni a prezzi scontati, mentre le vendite di prodotti a prezzo pieno sarebbero affidate alla rete.

Sull'altro versante, il gigante del commercio elettronico estende il suo potere. Peraltro già enorme, come dimostra l'andamento dell'indice «Death by Amazon», il paniere che comprende 54 titoli di retailer classici (tipo Wal-Mart), sceso ai minimi da maggio 2014.

Una picchiata probabilmente non ancora finita.

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