Economia

Non fermiamo Airbnb

L'italica idiosincrasia verso le liberalizzazioni è storia nota. Conviviamo con le caste e le logiche monopolistiche. A vantaggio di pochi, a danno dei più. Ora leggo che in materia tutto il mondo è paese. Nella tagliola della mentalità illiberale è finito un operatore di successo che opera nel mercato degli affitti case a prezzi ragionevoli: Airbnb. Le autorità di New York, Barcellona, Berlino e persino dell'Islanda hanno pensato bene di alzare un muro (a colpi di regole e sistemi fiscali cervellotici) contro questa realtà.

La sua vicenda ricorda pari pari quella di Uber: in quel caso a mettersi di traverso fu la consorteria dei taxisti; stavolta le grandi catene alberghiere con il sostegno dei municipi. La libertà d'impresa suscita preoccupazioni. Su scala globale! È come se la liberalizzazione dei mercati, da cosa ovvia, fosse di nuovo percepita come un problema. Con l'aggravante che a farne le spese è soprattutto l'utenza normale, quella che ama conoscere il mondo magari la più giovane e che non può permettersi tariffe salate. Airbnb ha colto l'esplosione della domanda utilizzando con grande abilità lo strumento della rete. Ha rimesso in circolo case vuote, rivitalizzato interi quartieri. E poi la sua è un'offerta che in larga misura non inficia il business delle griffe alberghiere. Garantisce un buon livello a prezzi low cost. Un'impresa sociale e allo stesso tempo un evidente fattore di crescita. Penalizzare Airbnb significa voltare le spalle alla clientela che ha meno disponibilità economiche. Possibile che le autorità non se ne rendano conto? La questione merita di essere risolta in fretta. Con poche regole certe in merito a tassazione, sicurezza, trasparenza. Con un nota bene, però: il passaggio deve essere scandito da un percorso transitorio per gli adeguamenti alle nuove disposizione. Nulla di saggio avviene dall'oggi al domani!

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