Economia

"Occhio alle elezioni Ue: può uscire il cigno nero"

L'esperto: «Solo guai se Bruxelles dà la stretta fiscale dopo il voto. Borse sorrette da Fed e Bce»

"Occhio alle elezioni Ue: può uscire il cigno nero"

A Lugano Paradiso, sede della Swan Asset Management, hanno preso a prestito il mantra del capo della Fed, Jerome Powell: «prudenza, prudenza, prudenza». A dispetto di indici di Borsa in ascesa e di spread sostanzialmente silenti, Alessandro Parravicini, strategic advisor della società di gestione svizzera, è sul chi vive. Subito, una premessa che equivale a un caveat: «Ci troviamo in una situazione più pericolosa rispetto a fine 2018: le Borse sono salite del 15% dai minimi pur in un contesto economico ancora perturbato».

Il motivo di questa discrasia?

«Le banche centrali. Il rimbalzo dei mercati da inizio anno è la controreazione alle paure scatenate lo scorso autunno da due fattori: dal rallentamento globale superiore alle attese e dalla Fed e Bce in modalità restrittiva».

Mentre poi Powell e Draghi sono andati in direzione esattamente opposta.

«Certo. La Fed ha deciso di non alzare i tassi per tutto il 2019, dopo essersi spaventata davanti a un crollo del 15% dell'indice S&P 500. Powell si è arreso a Trump e a Wall Street. E Francoforte, di fronte al deterioramento della congiuntura nell'eurozona, non aumenterà il costo del denaro prima del 2020».

Eppure, non vi fidate. Perché?

«Perché il rimbalzo dell'equity non è stato accompagnato da un comportamento coerente dell'obbligazionario. Al contrario assistiamo ancora a un appiattimento della curva fra tassi a breve e tassi a lungo».

E un'inversione è in genere preludio a una recessione. C'è questo rischio, magari a causa della guerra commerciale Usa-Cina o di una hard Brexit?

«I dazi sono una componente una tantum, ma un accordo alla fine si troverà. E anche il divorzio fra Londra e Bruxelles sembra che non sarà traumatico. Piuttosto, mi preoccupa altro».

Cigno nero in arrivo?

«Il cigno nero è per sua natura imprevedibile, ma il voto europeo potrebbe esserne l'innesco».

In che modo?

«Se dalle urne esce un parlamento europeo frazionato, più allineato al sentire della gente su questioni come per esempio i migranti ma meno accondiscendente sulle politiche fiscali. Un giro di vite sulla gestione delle finanze pubbliche sarebbe indigeribile per l'Italia, costretta a quel punto a varare una manovra correttiva, magari insufficiente a evitare la tagliola delle clausole di salvaguardia, tra spread e debito alle stelle. Non vorrei dover rimpiangere Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble».

Mario Draghi potrebbe venire in soccorso dell'Italia, magari facendo ripartire la giostra del quantitative easing?

«Difficile. La Bce ha appena rivisto al ribasso le stime di crescita, e in base al suo modus operandi servirebbe un ulteriore peggioramento. Non credo che si verifichi prima dell'estate. Inoltre, Draghi è quasi a fine mandato e si congederà senza poter dichiarare missione compiuta col rialzo dei tassi».

Swan come è esposta verso l'Italia?

«Siamo sottopesati. Preferiamo titoli poco sensibili al ciclo economico, oppure espressione di aziende che generano i ricavi soprattutto oltre confine e quindi non esposti alla congiuntura locale.

Non abbiamo esposizione verso il debito pubblico italiano».

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