Economia

Ora Mps fa i conti con la "linea" Bce

Con le richieste di abbattimento del rapporto sofferenze-crediti il Monte rischia l'azzeramento dei ratio patrimoniali

Ora Mps fa i conti con la "linea" Bce

Il «Bancone» nato dalle nozze tra Banco Popolare e Popolare Milano, nelle speranze del governo Renzi, sarà l'innesco al riassetto dell'industria del credito pianificato un anno fa, obbligando le popolari a rottamare il voto capitario. La strada tuttavia è molto dissestata non solo per le due spose, che infatti si sono prese fino a dicembre per formare la terza banca del Paese (170 miliardi di attivo e 2.467 filiali) dietro Intesa e Unicredit, ma soprattutto per le loro concorrenti. Ne sono la prova l'aumento di capitale da un miliardo che la Bce ha imposto a Pier Francesco Saviotti e i dieci miliardi di crediti deteriorati che il nuovo gruppo si è impegnato a smaltire entro il 2019. L'elevato tasso di copertura sulle sofferenze preteso dal capo della vigilanza Ue, la francese Daniele Nouy (62,1% al 2019) è un monito per tutto il sistema alle prese con macerie per 200 miliardi. Così come è forte il messaggio a disboscare le controllate e i consigli. La Bce vuole banche solide e snelle, dalla governance quasi inglese, non il fiorire di salotti e campanili delle coop.Il nodo principale è comunque il patrimonio: quasi tutte le combinazioni possibili oggi in Italia passerebbero da misure sul capitale, aumenti o cessioni che siano. A fare i calcoli è Mediobanca Securities, secondo cui portare al 12% il rapporto sofferenze nette-crediti come farà il «Bancone», significherebbe quasi azzerare il Cet 1 di Mps (0,2%), a causa degli accantonamenti necessari ma anche il Creval finirebbe sotto i minimi richiesti (8,7% contro il 9,8% degli esami Srep). Una ipotesi di scuola, visto che Francoforte stringe la cinghia in maniera proporzionale alle dimensioni dei singoli istituti e di quanto sono sistemici, ma che tradisce la direzione scelta Francoforte. E quindi un ulteriore disincentivo a salvare il Monte, che è a un tempo la principale pedina del riassetto e il grande problema finanziario irrisolto dell'esecutivo: lo strascico degli interessi sui Monti bond porterà lo Stato dal 4 al 7%. Quanto ai possibili incastri dopo il Bancone, si attende la contromossa di Ubi che aveva intavolato trattative separate sia con Milano sia con Verona, impostando però più un'acquisizione che un'alleanza. Era stato forte anche il pressing di Palazzo Chigi perché Ubi e Bpm si unissero per poi farsi carico del Monte, ma di certo Siena è indigesta per il solo gruppo di Victor Massiah: sempre secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia se Ubi dovesse portare al 48,5% il tasso di copertura sul totale dei crediti dubbi spenderebbe 4,4 miliardi. Un'alternativa valida, si ragiona tra gli advisor, sarebbe invece rilevare da Siena l'ex rete Antonveneta. L'altro pezzo sulla scacchiera sono le quattro banche salvate con il bail-in (Etruria, Marche, CariFerrara e CariChieti). Di certo però devono rifare i calcoli il Tesoro e il Fondo di risoluzione, quando sperano di piazzarle a una somma vicino al loro patrimonio (1,8 miliardi). In Borsa tratta su questi multipli la sola Intesa Sanpaolo mentre le altre sono valutate tra lo 0,30-0,40 e 0,80: «Insomma - spiega al Giornale un banchiere del mondo popolare la proroga a settembre chiesta alla Bce sarà vana senza uno sconto consistente; perché sebbene in bonis, resta il danno reputazionale e il rischio fuga dei depositi». Il bivio è se si riuscirà a cedere tutto in blocco o se invece si farà lo spezzatino: si dice che l'interesse per Banca Marche sia scarso, mentre aumenta la pressione istituzionale per sistemare Etruria, di cui era vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre del ministro Maria Elena e ora indagato. Resta poi l'incognita Carige, che sarebbe il giusto incastro territoriale per Bper oppure, visto che ha in Vittorio Malacalza il socio di riferimento, trovare un dna comune con la stessa Ubi, che per prima ha fatto il salto verso la spa. Bper potrebbe anche costruire una holding sotto cui collocarsi insieme al Creval o Popolare Sondrio. Francoforte, tuttavia, difficilmente tollererà banche reti autonome. Solo dopo i rispettivi aumenti di capitale entreranno in gioco, come prede, Veneto Banco e Popolare Vicenza.

A quest'ultima però nessuno osa avvicinarsi, perché fanno molta paura le cause che potrebbero intentare i clienti traditi dalla vecchia gestione.

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