Economia

La paura del voto fa tremare la Borsa

A Milano il FtseMib ieri ha perso il 2%. Lo stallo sulle venete pesa sui titoli bancari

La paura del voto fa tremare la Borsa

Camilla Conti

La paura di elezioni anticipate in autunno e il «mal di banca» alimentato dallo stallo delle trattative fra l'Italia e l'Europa sulle banche venete. Sono queste, secondo gli operatori, le ragioni dello stress in Piazza Affari dove ieri il listino principale FtseMib, in una giornata che ha visto chiuse per festività sia Wall Street sia Londra rendendo meno liquido il mercato, ha lasciato sul terreno il 2,01 per cento. E non è un caso se a sbandare sono stati soprattutto i titoli del credito: il comparto ha ceduto più del 3%, registrando il peggiore ribasso degli ultimi quattro mesi. Forti i realizzi per Ubi (-4,7%), Banco Bpm (-3,9%), Mediobanca (-3,1%) e Unicredit (-4,3%). Giù anche Intesa Sanpaolo che ha perso il 2,06 per cento. Delle difficoltà del sistema bancario italiano (e portoghese) ha parlato ieri anche il banchiere centrale francese e consigliere Bce, François Villeroy de Galhau, sottolineando che i problemi vanno affrontati tempestivamente e in via definitiva, poiché «non è normale» che difficoltà a livello locale danneggino l'immagine del sistema bancario dell'intera eurozona.

Ma non è stato solo l'azionario a tremare. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi a dieci anni si è allargato fino a 189 punti base (ben 13 punti in più rispetto alla chiusura di venerdì) e anche in questo comparto a tenere banco è l'ipotesi di andare al voto dopo l'estate: sarebbe un calendario difficile per la tenuta economica del Paese, che proprio in quei giorni deve definire la sua legge di bilancio. A quel punto, con la prospettiva di un quantitative easing avviato all'esaurimento, la speculazione potrebbe tornare a mordere l'alto debito pubblico tricolore. Anche se secondo alcuni investitori stranieri, come dimostra il report diffuso nei giorni scorsi da Citi ai suoi clienti Usa, il sistema elettorale di tipo tedesco in discussione (un proporzionale con soglia al 5% che avvantaggia i partiti maggiori) è considerato positivamente, perché potrebbe garantire una maggiore stabilità di governo.

Nel frattempo, «i contrasti tra l'amministrazione Trump e la Germania apparsi ancora più evidenti al G7 di Taormina hanno indotto la cancelliera Merkel a proclamare che l'Europa dovrà contare di più sulle proprie forze e ad accelerare l'integrazione tra i Paesi dell'Eurozona, di cui discuterà con Macron in un vertice a luglio tra i due governi», aggiungono gli analisti di Equita. In campo economico si dovrebbe definire un cammino per arrivare a un bilancio comune e a un ministro delle finanze dell'Eurozona, forse addirittura a emettere dei bond comuni. «Misure che in Germania sarebbero meglio accettate se il nuovo presidente della Bce fosse il tedesco Weidmann», riporta ancora lo studio.

Il mercato ieri non ha dunque beneficiato delle rassicurazioni dell'attuale numero uno di Francoforte, Mario Draghi, che in un discorso al Parlamento europeo ha confermato la necessità di una politica monetaria espansiva e sottolineato come la crescita economica stia diventando «sempre più solida e diffusa fra diversi settori e Paesi».

Ma ha anche invocato un rafforzamento del ruolo della Commissione Ue come autorità che vigila sul progresso delle riforme.

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