Economia

Pensioni, il governo apre ​a maggiore flessibilità. Ma ci costerà molto cara

Le più penalizzate saranno le donne: rischiano una decurtazione del 25-30%

Pensioni, il governo apre ​a maggiore flessibilità. Ma ci costerà molto cara

L’intervento per rendere flessibile l’uscita in pensione ci sarà. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def con cui l'esecutivo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. "Sono possibili correttivi - ha aperto Pier Carlo Padoan - per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro". Ma al ministro dell’Economia toccano, nel gioco di ruolo all’interno del governo, le vesti del "guardiano dei conti".

"Il sistema previdenziale - spiega Padoan - dev’essere legato a durata lavoro e aspettative di vita". In pratica, non saranno possibili interventi strutturali. Alcune proposte di flessibilità per l’uscita dal lavoro rischiano, infatti, di essere piuttosto onerose. Ma sull’idea che non si debbano scassare i conti sono d’accordo tutti. "Non c’è alcuna contrapposizione» - spiegano nei due palazzi romani - tra le posizioni di Renzi, che ha dato un’accelerazione sui lavori del mini-cantiere pensioni, e quanto sostenuto dal titolare del Tesoro. Il governo è coeso e impegnato a trovare soluzioni possibili e compatibili con i vincoli di finanza pubblica". Passare dalle parole ai fatti potrebbe essere meno difficile di quanto si creda. I tecnici erano già al lavoro, ma ora l’indicazione è quella di predisporre un testo per il varo della legge di Stabilità, il 15 ottobre. I tempi sono stretti e, vista la delicatezza del tema, le norme potrebbero arrivare anche nel corso dell’iter. Certamente non si tratterà di un intervento generalizzato.

Si guarderà invece alle donne e lavoratori anziani che hanno perso l’occupazione, con flessibilità mirate. Per le lavoratrici, che nel settore privato dal prossimo anno dovranno uscire dal lavoro con un anno e 10 mesi di ritardo, l’ipotesi allo studio è quella della "riapertura" della cosiddetta Opzione Donna. Consente di andare in pensione con 57 anni d’età e 35 di contributi, ma con tutto l’assegno calcolato col metodo contributivo. Non è un gran vantaggio perché la perdita media potrebbe essere del 25-30%. Ma così, come ha promesso Renzi, una lavoratrice potrebbe "decidere di rinunciare a parte della pensione e aiutare i figli a guardare i nipotini".

Ci sono poi i lavoratori che perdono il lavoro a pochi anni dalla pensione. In questo caso le misure allo studio sono diverse. Tra queste il cosiddetto prestito pensionistico. Che prevede un anticipo di qualche centinaio di euro per accompagnare l’ex lavoratore che, poi, dovrà restituire tutto quando scatteranno i criteri per la pensione. Difficili ora interventi più incisivi. L’ipotesi Damiano-Baretta, di un taglio del 2% per ogni anno di anticipo con un limite dell’8%, e quella sulla "quota 100" tra età e contributi costerebbero rispettivamente 8,5 e 10,6 miliardi. Troppi.

Ma certo in futuro il tema potrebbe tornare a proporsi.

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