Economia

Il petrolio corre verso gli 80 dollari

Ma gli analisti sono cauti: Teheran esporta soprattutto in Asia

Il petrolio corre verso gli 80 dollari

I prezzi del petrolio volano dopo l'annuncio da parte di Donald Trump che gli Usa si ritirano dall'accordo sul nucleare con l'Iran. Sul circuito elettronico i future a giugno sul Wti sono arrivati ieri a toccare i 71,23 dollari al barile, con un aumento del 3%, mentre quelli sul Brent sono avanzati di due dollari a 76,86 dollari, complice anche il calo inaspettato delle scorte di greggio Usa, scese la scorsa settimana di 2,2 milioni di barili a 433,8 milioni.

Dopo la decisione presa da Washington di ripristinare le sanzioni verso Teheran, secondo gli esperti il prezzo del petrolio potrebbe superare gli 80 dollari. Ma non tutti ne sono convinti. Commenta Christopher Gannatti, head of research di WisdomTree Europe: «Considerando che i produttori statunitensi di shale sono avvantaggiati dall'aumento delle quotazioni, a nostro avviso non sarebbe prudente scommettere in misura eccessiva su nuovi movimenti al rialzo dei prezzi del greggio».

Gli esperti di Ubs prevedono che le sanzioni potrebbero portare alla riduzione delle esportazioni di petrolio di 200-500mila barili nei prossimi 6 mesi, ma Deutsche Bank osserva che, a causa del periodo di sei mesi durante il quale le sanzioni non saranno in vigore, né la produzione petrolifera iraniana, né le esportazioni diminuiranno prima della data effettiva del 5 novembre 2018. Inoltre, la maggior parte delle esportazioni di Teheran è verso i Paesi asiatici, molti dei quali hanno già confermato che continueranno a importare il petrolio iraniano.

Resta infine da vedere come si comporterà l'Arabia Saudita, che ha una notevole capacità in eccesso, ma che da un rincaro del barile potrebbe trarre vantaggio per dar respiro alle esauste casse pubbliche e per quotare al meglio, come è nei propositi del principe ereditario Mohammed bin Salman, il colosso Aramco.

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