Economia

Pirelli torna in Borsa formato premium

È più piccola, non ha più le gomme industriali, ma vale 10 miliardi contro i 7,3 del 2015

Pirelli torna in Borsa formato premium

Pirelli tornerà in Borsa nel giro di un mese per la gioia dei soci venditori che potranno rifarsi di quanto speso per il delisting di due anni fa. Il d-day potrebbe essere già il 4 ottobre, a quasi due anni dall'addio a Piazza Affari in seguito all'ingresso del socio di maggioranza cinese ChemChina.

La società guidata da Marco Tronchetti Provera ha ufficializzato le procedure per il rientro a Piazza Affari con il deposito della domanda di ammissione alla quotazione attraverso una Opv, ovvero con la vendita fino al 40% del capitale da parte di Marco Polo, il veicolo che controlla integralmente il campione degli pneumatici premium. Oggi Marco Polo è a partecipato al 65% da ChemChina, al 22,4% da Camfin e al 12,6% dal gruppo Rosneft, ma con la quotazione di Pirelli è previsto che il veicolo scompaia: i soci da allora in poi deterranno direttamente le quote. Ad alleggerire la presa saranno tutti gli azionisti: ChemChina dovrebbe scendere al 45% di Pirelli, i russi sono attesi al 5% e gli azionisti italiani, di conseguenza, al 10 per cento. Più in dettaglio, tra i connazionali che potrebbero cogliere l'occasione per massimizzare i guadagni e uscire dal capitale, ci sono Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno in mano il 12% di Coinv, veicolo che racchiude le partecipazioni tricolori, ovvero oltre a quelle dei due istituti finanziari, anche quelle di Marco Tronchetti Provera, Massimo Moratti, Alberto Pirelli, Carlo Acutis e Sigieri Diaz.

L'operazione dovrebbe valutare la «nuova» Pirelli & c spa fino a 10 miliardi, pari a nove volte circa il margine operativo lordo e 3,3 miliardi in più rispetto al delisting di due anni fa. C'è anche chi azzarda una valutazione maggiore: come «pure consumer tyre company» concentrata sull'alto di gamma a maggiore redditività (il margine operativo lordi si attesta al 21,3% del fatturato, più elevato anche di brand del lusso come Brunello Cucinelli fermi al 17%), i multipli della Bicocca potrebbero arrivare fino alle 12 volte l'ebitda e alle 20 volte gli utili, al pari dui quanto avvenuto due anni fa con l'approdo in Borsa della Ferrari.

Chi sottoscriverà i titoli Pirelli comprerà tuttavia una società radicalmente diversa da quella ritirata da Piazza Affari nel 2015. In due anni infatti la società ha cambiato azionisti con l'uscita dei Malacalza e l'ingresso di russi e cinesi. Ma soprattutto ha rivoluzionato perimetro societario e profilo aziendale. Quella che si riaffaccia a Palazzo Mezzanotte è una società più snella, con meno fatturato ma anche una maggiore redditività, e focalizzata su un prodotto di fascia elevata destinato ai consumatori. La nuova Pirelli conta infatti su un giro d'affari di 4,97 miliardi, su un margine operativo lordo di 1,08 e un utile netto di 163,9 milioni. Un perimetro decisamente diverso rispetto alla società quotata fino al 2015 che, nell'anno del delisting, aveva registrato un fatturato di 6,3 miliardi, un ebitda di 1,2 e un rosso di 383 milioni.

La ristrutturazione della Bicocca è avvenuta attraverso la cessione delle attività non più strategiche (come le partecipazioni Prelios, Eurostazioni e Fenice, in attesa di definizione) e la scissione dagli pneumatici industriali destinata a integrarsi con la cinese Aeolus. Tra le eredità della storica Pirelli dei salotti rimangono solo le quote Rcs (4,73%) e Mediobanca (1,79%), almeno per ora.

La nuova Pirelli promette di destinare il 40% degli utili a dividendo dal 2018 e stima infine di crescere fino al 2020 al ritmo del 9% all'anno in termini di fatturato, di migliorare l'ebit margin dal 17% al 19,5% e di ottimizzare la struttura finanziaria del gruppo (oggi il debito è pari a 4,1 miliardi, ovvero 4,6 volte l'ebitda, nel 2020 la leva dovrebbe scendere a due).

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