Economia

Ponzellini scagionato per il caso Bpm

La corte d'Appello: «Non ci fu nessuna associazione a delinquere»

Milano Finisce in nulla, a oltre sette anni dal bliz, l'indagine su Bpm che nel maggio 2012 portò all'arresto dell'ex presidente dell'istituto milanese, Massimo Ponzellini. Ieri la Corte d'appello ha confermato l'assoluzione già disposta in primo grado dall'accusa di associazione a delinquere, il reato più grave tra quelli contestati dai pm.

L'unica accusa per cui Ponzellini era stato condannato in primo grado, un episodio di corruzione tra privati per la sottoscrizione di 15 milioni di euro del fondo Goethe del finanziere Camillo Colella, svanisce a causa del tempo trascorso: la Corte presieduta dal giudice Guido Piffer dichiara prescritto il reato. Di fatto, Ponzellini esce dalla vicenda con la fedina pulita. La tesi della Procura, che si appoggiava anche su testimonianza dall'interno, era che Ponzellini avesse creato all'interno di Bpm una struttura parallela disposta a erogare finanziamenti a rischio a clienti adeguatamente sponsorizzati dai referenti politici del presidente. Uomo chiave di questa struttura, anche se privo di cariche formali, Antonio Cannalire, uomo di fiducia - secondo la Procura - di Ponzellini.

In primo grado, nel dicembre 2017, a Ponzellini erano stati inflitti un anno e sei mesi di carcere, mentre Colella era stato condannato a nove mesi.

Ora la prescrizione annulla tutto. Da notare che l'esito incruento del processo è figlio anche della decisione di Bpm di ritirare la costituzione di parte civile dopo avere incassato un robusto risarcimento da parte di Francesco Corallo, il re delle slot machine, anche lui beneficiario di finanziamenti all'epoca della gestione Ponzellini.

Confermata l'assoluzione piena degli atri undici imputati, alcuni dei quali - come il proboviro Onofrio Amoruso - erano stati sottoposti a lunghi arresti preventivi.

LF

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