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Premiati per lavorare

I re dei privilegi sono sempre i magistrati che intascano un premio quando decidono di trasferirsi in un tribunale con tanto arretrato. I professori ricompensati se lavorano a Capri o a Cortina, i poliziotti a Venezia e i forestali in montagna...

Premiati per lavorare

Lavorare stanca, e non c’è bisogno di leggere Cesare Pavese per averne la prova. Stanca e sfianca specialmente se il posto di lavoro è lontano, scomodo, sgradevole. Se vi si viene comandati. Se nessun altro vuole eseguire quell’incarico. Se la montagna di arretrato è un Everest di scartoffie. Un incentivo economico per sobbarcarsi tutto questo mare di sofferenze è il minimo. Soprattutto se il datore di lavoro si chiama Stato e nelle buste paga non ci sono grandi incentivi, avanzamenti di carriera, premi di risultato.

Nel linguaggio della burocrazia si chiamano sedi disagiate. Ma darne una definizione univoca è impossibile. Ogni amministrazione pubblica ha i suoi disagi. Quello che è un disagio per un maestro elementare può non esserlo per un carabiniere, una guardia forestale, un magistrato, un vigile del fuoco. Se si appartiene a una branca dove i trasferimenti sono all’ordine del giorno, è quasi inevitabile che nella carriera pubblica capiti prima o poi una sede disagiata. Però l’elenco di queste località è uno scrigno di sorprese. Per una toga è disagio lavorare non solo a Caltanissetta, Enna e Gela, terre di mafia, o in altre località ad alto tasso di criminalità o di violenza: un magistrato è a disagio anche nel tribunale di Ancona o di Siena, se fa il giudice del lavoro a Pisa o il giudice di sorveglianza a Foggia. Sono sedi disagiate Piacenza, Prato, Varese, Massa, Biella, Gorizia; città belle, tranquille, ben servite da treni e autostrade.

Per un prof di scuola superiore, invece, è un enorme fastidio lavorare ad Aosta, all’Aquila o a Potenza, e un maestro elementare si stressa a Ischia, a Capri, all’Elba, a Cortina d’Ampezzo, in tutto l’Alto Adige, nella quiete di Assisi, perfino lungo il litorale ligure di Albenga e a Mandello sul Lario, su quel ramo del lago di Como. Da Abbadia Lariana (provincia di Lecco) a Zungoli (Avellino), ci vogliono 81 pagine su carta intestata del ministero dell’Istruzione per elencare oltre 3.500 comuni ritenuti disagiati per il personale della scuola: più del 40 per cento del totale dei municipi. E non sono tutti. E poi ci si chiede come mai un prof appena può chiede il trasferimento, abbandona l’anno scolastico e molla la cattedra: la sede, oltre che lontana dalla sua città d’origine, è pure scomoda.

TRASFERIMENTI SCOMODI

Anche per gli agenti di polizia l’elenco delle sedi disgraziate è lungo. Ma per loro, oltre a posti di confine come Bardonecchia (Torino), Brennero o Muggia, o a epicentri della malavita come Corleone, Orgosolo o Casal di Principe, il disagio è nettamente percepibile anche a Roma, Milano, Venezia, Pescara, Firenze, Rimini; a Bologna e Verona, a Modena e Treviso, a Foggia e Forlì, e in centinaia di pacifiche località di provincia come Volterra, Susa, Pomezia, Orvieto, Guastalla, Feltre, Busto Arsizio, Arona.

Per non parlare di paradisi dei turisti come Arzachena, Courmayeur, Capri, Cavalese, Vipiteno. Ogni amministrazione dello stato ha i suoi disagi. Per la scuola sono disagiate le piccole isole, cioè tutte le isole lungo lo Stivale eccetto Sicilia e Sardegna; i comuni montani, cioè quelli in cui almeno l’80 per cento della superficie si trovi a un’altitudine di 600 metri e oltre; i comuni a forte immigrazione e le aree ad alto rischio. Mentre per isole e montagna esistono elenchi ufficiali, per le altre località il ministero rimanda ad accordi regionali. Un’area a rischio, per esempio, può essere un comune terremotato che però cessa di esserlo una volta completata la ricostruzione. Le scuole sui monti e in mezzo al mare non danno diritto ad aumenti di stipendio ma solo a un maggior punteggio e alla precedenza nelle richieste di mobilità; negli altri casi invece è previsto un incentivo contrattato localmente.

Discorso completamente diverso riguarda la casta togata. Le sedi disagiate cambiano ogni anno e vengono determinate sulla base della mancata copertura della sede nella precedente pubblicazione, o comunque se l’indice di scopertura supera il 20 per cento dell’organico. Il 28 settembre 2016 il ministero della Giustizia ha individuato 53 sedi disagiate con 113 posti vacanti fra tribunali civili, sezioni del lavoro, magistratura di sorveglianza e sostituti vari. Ed ecco che tra le località d’inferno compaiono, ampiamente previste, Caltagirone (2 posti), Caltanissetta (16 nel distretto), Siracusa (3), Catanzaro (3), Castrovillari (2), Locri (5), Palmi (4): città dove amministrare la giustizia espone ogni giorno a un pericolo e da cui molti scappano appena possono. Ma, con stupore, sono disagiate anche Ancona (2 posti), Foggia (3), Piacenza (3), Prato (4), Pisa (1), Siena (5), Massa (1), Varese (2), Latina (4), Biella (3), Gorizia (2), Tempio Pausania (2). Pisa, Siena, Varese, Latina sedi disagiate? Roba da non credere. È il Csm a individuare gli uffici con le carenze d’organico maggiori, poi è il ministero di via Arenula a porre il sigillo sugli elenchi «in base alla copertura finanziaria - fanno sapere dal Csm - e alle pendenze negli uffici». Significa che il disagio si misura anche dal carico di arretrati: se c’è tanto da fare le scomodità si moltiplicano. Elementare, Watson.

LO STIPENDIO

Ma la sede scomoda e i disagi tecnici del lavoro a quanto pare vengono ampiamente compensati da una serie di vantaggi economici. E del resto non potrebbe essere diversamente, in qualche modo bisogna offrire degli incentivi. A chi accetta il trasferimento nelle sedi «sfortunate» il ministero garantisce infatti un’indennità mensile lorda di quasi 4mila euro, più il raddoppio dell’anzianità ai fini pensionistici per massimo quattro anni (cioè 48 mesi lavorati in sede disagiata equivalgono a 96 mensilità per la pensione), la precedenza assoluta a tornare nella sede occupata prima, il rimborso delle spese di viaggio e di trasloco e una «una tantum» variabile tra 8.829 e 9.918 euro a titolo di «indennità di prima sistemazione». Una sorta di benvenuto. Anche per le guardie forestali l’elenco delle sedi disagiate è interminabile.

Per un corpo militare la scomodità dovrebbe essere quasi nel conto dell’attività. La riorganizzazione voluta dal governo Renzi è ancora in corso, l’unificazione con l’Arma dei carabinieri procede a tappe e la questione delle sedi disagiate non è ancora stata definita. Resta quindi, al momento, ciò che valeva nel passato, ovvero che anche per il corpo che vive nel disagio, nei boschi, sulle montagne, nelle emergenze, esistono località più problematiche delle altre. Sono sparse in ogni regione e rappresentano oltre un quarto di tutte le circa 800 stazioni della Forestale. Naturalmente vi sono comprese stazioni sciistiche e attrazioni turistiche come Campotosto sul Gran Sasso d’Abruzzo, la Valbruna in Friuli Venezia Giulia, il Cadore e il Cansiglio in Veneto, Vallombrosa e parte del Chianti in Toscana, Macugnaga e Oulx in Piemonte, Sondalo e Ponte di Legno in Lombardia. Ma nella lista appaiono anche insospettabili località non particolarmente elevate sul livello del mare: Vasto, Scanzano Ionico, Casamicciola, la Cinque Terre, ma anche Marciana Marina sull’isola d’Elba, il Giglio e l’Argentario, il Gargano in Puglia. Aree ricche di boschi e foreste, ma magari non così problematiche da gestire né isolate da raggiungere.

Tra i militari anche carabinieri ed esercito hanno le loro sedi disagiate, soprattutto all’estero, il che è comunque comprensibile. Di sicuro un militare non sceglie una sede disagiata per soldi: l’indennità mensile è di 45,45 euro lordi per i dipendenti, si legge nell’accordo sindacale che regola le parti accessorie dello stipendio dovute per i rischi connessi al servizio, «in servizio presso località particolarmente isolate e disagiate ». Indennità ridotta per chi si rechi in quelle sedi saltuariamente, che va corrisposta per tutti i giorni di servizio effettivo prestato.

EFFETTO ISOLAMENTO

Per i vigili del fuoco il disagio è articolato con puntiglio: vanno valutati la distanza dal capoluogo, «il tempo di percorrenza dal capoluogo in relazione alla situazione plano-altimetrica delle vie di comunicazione stradali », la presenza di mezzi pubblici, le difficoltà aggiuntive in caso di maltempo. Sono 38 le sedi disagiate individuate con questi criteri e nelle quali si applica un orario di servizio differenziato per evitare troppi spostamenti casa-lavoro. I messi peggio sono i vigili del fuoco destinati alle isole. E purtroppo per loro anche quanti se ne stanno a Cortina, Piano di Sorrento, Piombino e negli aeroporti di Olbia e Fiumicino. Infine, la Guardia di finanza. Anche le Fiamme gialle hanno i loro disagi ma se li tengono per sé.

Hanno preferito non rendere noto l’elenco delle sedi.

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