Economia

Privatizziamo l'arte

Lo stupore del quotidiano inglese Telegraph contiene un giudizio che pesa come un macigno: per quale ragione la Pinacoteca di Brera, a Milano, attira un numero di visitatori molto basso in proporzione alle meraviglie che ospita? La questione che pone è molto seria. Tuttavia, fatico ad unirmi allo stupore di Nick Trend, l'estensore dell'articolo. I musei italiani di proprietà pubblica sono malati da lunghissimo tempo. Sopravvivono. Sono luoghi inospitali, tristi, che non possono attrarre. La qualità delle opere si perde nello stato di incuria e trasandatezza. Un danno economico incalcolabile. L'Italia non riesce a vendere il suo prodotto più bello, insieme al turismo. Evidentemente non gli interessa. Altre mire, altri progetti. Allora non può sorprendere come in un anno appena 325mila persone abbiano visitato la Pinacoteca.

Ho letto pareri autorevoli a commento dell'articolo pubblicato sul Telegraph. Nella maggior parte si riconduce il problema all'assenza di un approccio più accogliente al visitatore. Concordo. Ma perché possa svilupparsi una cultura dell'accoglienza dovrebbe accadere qualcosa che oggi non compare in nessuna agenda. Se qualcuno formula un invito a casa sua si adopera per presentarla al suo massimo splendore. Così da rendere invisibili i difetti che pur ci sono. Quegli sforzi hanno molta possibilità di essere premiati dall'ospite. Difficile che gli stessi apprezzamenti si possano ricavare dopo la visita ad un nostro museo statale. Se il padrone di casa è lo Stato, il visitatore/ospite è una routine non un cliente di cui prendersi cura. Per responsabili e addetti il museo non sarà mai la propria casa. La privatizzazione è la sola direttrice. Allora, sì: un bel museo per far luccicare la grande bellezza. Cioè: le opere.

www.

pompeolocatelli.it

Commenti