Economia

Quattro italiani su dieci non arrivano a fine mese

Il 2012 è stato un anno nero per gli italiani. La crisi ha colpito l’80% delle famiglie, l’86% delle quali ha dovuto ridurre le spese. Il 41% della popolazione fatica ad arrivare a fine mese

Quattro italiani su dieci non arrivano a fine mese

Gli italiani sono sempre più scettici sull’uscita rapida dalla crisi economica. Per i prossimi dodici mesi, solo il 16% dei nostri concittadini vede in arrivo un miglioramento per il sistema Italia, mentre il restante 86% pensa che il 2013 non porterà alcuna evoluzione positiva, ma addirittura un ulteriore peggioramento. Nel sondaggio Confesercenti-Swg sulle prospettive economiche dell’Italia per l’anno appena iniziato, emerge uno scenario a tinte fosche di quello che è lo stato di salute del nostro Paese: il 2012 è stato, infatti, un anno nero. La crisi ha colpito l’80% delle famiglie, l’86% delle quali ha dovuto ridurre le spese. Il 41% della popolazione ha, infatti, avuto difficoltà ad arrivare a fine mese sia con i propri redditi che con quelli familiari. E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%..

La salute dell’economia italiana è giudicata negativamente dall’87% del campione. In particolare,il 36% la ritiene inadeguata, mentre il 51%, la maggioranza, addirittura pessima. A promuoverla solo il 13%, che la segnala come discreta (11%, in aumento del 3% sullo scorso anno) o buona (2%, in calo dell’1%). Anche sulle prospettive si registra una grave sfiducia. Solo il 16% degli intervistati vede una svolta (lo scorso anno erano esattamente il doppio (32%). Ad avere una visione più positiva sono i giovani sotto i 24 anni (22,9% di ottimisti) e chi vive nelle Isole (22,2%). Aumentano significativamente i pessimisti, che passano dal 30 al 44% del campione generale, che pensano che nel 2013 andremo incontro ad un ennesimo peggioramento dell’economia. Una percentuale che sale al 45,6% tra gli abitanti del Nord Ovest e addirittura al 49% nella fascia d’età 35-44 anni. Il 40% degli italiani ritiene invece che la situazione resterà la stessa del 2012: anche in questo caso, i valori massimi si registrano nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, dove si registra un picco del 42,9%. Ma gli italiani sono pessimisti anche per la propria situazione. Se, infatti, per l’Italia ci si aspetta un ulteriore peggioramento, le prospettive per la propria famiglia e la situazione personale sono solo un pò meno negative. L’86% degli intervistati non crede in un miglioramento. Il 52% dei nostri concittadini ritiene che la situazione rimarrà la stessa, in aumento del 5% sullo scorso anno. Calano gli ottimisti, che passano dal 17 al 14%, così come i pessimisti, che scendono al 34% dal 36% dello scorso anno.

Al di là della percezione, però, il dato drammatico è che quattro italiani su dieci non riescono più ad arrivare a fine mese. Secondo il sondaggio Confesercenti-Swg, è cresciuto di cinque punti rispetto a due anni fa il numero di coloro che ce la fanno solo fino alla seconda settimana (ora il 23% del campione), mentre sale di ben otto punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana (passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012). L’80% degli intervistati segnala che la crisi ha colpito anche il proprio nucleo familiare: il 37% ha ridotto fortemente le spese, il 21% ha invece tagliato sulle attività di svago. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie italiane che hanno registrato: la perdita del posto di lavoro (il 14%) o la cassaintegrazione per uno dei suoi membri (il 6%). "Per gli italiani - evidenzia il sondaggio Confesercenti-Swg - il nuovo governo dovrà puntare tutto sull’emergenza lavoro: la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro".

Quindi, la richiesta di abbassare la pressione fiscale e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi), ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare l’insostenibile pressione fiscale.

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