Economia

Corrado Clini: "L'Ilva è stata svenduta: nel 2012 valeva quasi 9 miliardi"

L'ex ministro: "La colpa è di chi voleva la nazionalizzazione"

Corrado Clini: "L'Ilva è stata svenduta: nel 2012 valeva quasi 9 miliardi"

Corrado Clini ha gestito da ministro dell'Ambiente del governo Monti la grande questione dell'Ilva e oggi, che si è arrivati alla vendita, legge i fatti alla luce della gestione del problema negli ultimi 5 anni.

Professore, due cordate si fronteggiano anche se quella Arcelor-Mittal sembra favorita rispetto ad AcciaItalia, ma si temono 6mila esuberi, i lavoratori sono in sciopero e il confronto tra governo e sindacati è durissimo: prevedeva questo epilogo?

«C'era da aspettarselo. È il risultato della catastrofica perdita di posizione sul mercato di quella che era la più grande acciaieria d'Europa. Nel 2012, quando feci accettare alla famiglia Riva il piano di risanamento e ammodernamento degli impianti con un investimento, il valore dell'asset era attorno a 8-9 miliardi, ora le offerte sono di 1 miliardo e 800 milioni di AcciaItalia e di 2.300 milioni di Arcelor-Mittal. Un quinto del valore del 2012, la riduzione dell'occupazione è connessa alla progressiva perdita di quote di mercato con il conseguente calo di produzione. Ovviamente tutto questo si ripercuote sull'indotto. Se fosse stato attuato il piano, che doveva essere completato entro il 2015, oggi l'Ilva sarebbe l'acciaieria più moderna e competitiva d'Europa».

Si paga la scelta del governo Letta di aver interrotto quel percorso e di aver scelto il commissariamento?

«Non c'è stato il coraggio politico e istituzionale di proseguire la strada indicata da governo e parlamento nel 2012. Ha prevalso una campagna mediatica senza precedenti che ha attribuito allo stabilimento tutti i rischi per la salute generati nella città da molti altri fattori, sostenuta da provvedimenti giudiziari incomprensibili e da forze (nella maggioranza di allora e nella Fiom di Landini) che spingevano per la nazionalizzazione, come negli anni '70, delle Partecipazioni statali. Nessuno ha voluto prendere in considerazione tranne l'allora vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, il mio allarme sulla connessione tra l'attacco all'Ilva e l'interesse dei competitor europei e internazionali per la riduzione della presenza dell'Ilva sul mercato dell'acciaio. I commissari si sono trovati a gestire il declino dell'acciaieria».

Lei è convinto che si potesse salvare la posizione sul mercato e l'occupazione senza rischi per la salute dei cittadini?

«Gli interventi urgenti a difesa dell'ambiente e della salute del piano erano la garanzia per la continuità della produzione e la salvaguardia dell'occupazione. Invece, questi interventi sono stati rinviati nel tempo e diluiti nella sostanza, il termine del 2015 è stato prorogato al 2018».

Anche la magistratura...

«Nel 2012 uno dei 3 miliardi che i Riva destinavano al risanamento era disponibile sotto forma dei prodotti pronti alla vendita. Ma il gip di Taranto li sequestrò come corpo del reato. Superammo il blocco con una legge, ma la Consulta riconobbe la legittimità. Eravamo nel 2013 e il governo successivo decise il commissariamento.

Tutte le scadenze sono saltate e ci troviamo a questo punto».

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