Economia

La regola che "pesa" i sindacati ora va usata per gli scioperi

L'intesa tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil sui contratti è un primo passo, ma per la competitività ne serve un altro

La regola che "pesa" i sindacati ora va usata per gli scioperi

Sapete che da queste parti la simpatia per le mosse della Confindustria non è elevata. Bisogna però dare atto che Vincenzo Boccia, zitto zitto, ha messo a segno un bel colpo. È una di quelle cose complicate che è molto difficile da spiegare. Ma in un sistema incriccato come il nostro, il modo per tagliare le erbacce purtroppo non è semplice. Vediamo di raccontare e semplificare l'accaduto.

In un mondo di luoghi comuni, di cui per carità una certa Confindustria è piena, si dice che il problema dell'Italia è la corruzione e l'evasione. Sull'altare di questi due bersagli, abbiamo fatto leggi folli e incomprensibili, dove ciò che conta non è il risultato finale, ma le procedure da seguire. Basti pensare al codice degli appalti, scritto da un gruppo di ubriachi, a cui un imprenditore non affiderebbe neanche compiti di pulizia. Della lotta all'evasione è altrettanto inutile discutere: tante di quelle obbligazioni a carico del contribuente e delle imprese, che ogni tanto viene voglia di pensare che lo Stato dovremmo essere noi.

Ma c'è un terzo tema, sottotraccia, e importantissimo che riguarda la crescita del nostro Paese. E cioè la cosiddetta rappresentatività dei nostri sindacati, sia di quelli datoriali, sia di quelli dei lavoratori. La cosa non è di poco conto. Facciamo qualche esempio pratico. Ai lavoratori si applicano in genere dei contratti collettivi: ma da chi sono stati scritti? E le sigle che li hanno firmati chi rappresentano? Facciamola ancora più semplice. Uno dei numerosi scioperi in cui incappiamo e che sono indetti dalla sigla tal dei tali, quanto rappresenta il disagio di un'intera collettività e quanto quello di un gruppo piccolo ma puntuto di suoi rappresentanti, magari estremisti?

La Confindustria pochi giorni fa è riuscita, con i tre principali sindacati, a sottoscrivere una sorta di protocollo in cui si impegnano reciprocamente a contarsi, a pesarsi. E non solo. Per la verità scritture simili sono state fatte anche un lustro fa. E anche associazioni datoriali come Confartigianato e Confcommercio hanno ragionato e firmato intese simili. Non vogliamo entrare nei dettagli della vicenda: roba da esperti. È sufficiente la superficie. Oggi abbiamo sigle sindacali e datoriali che spuntano su come funghi. Servono a costruire contratti collettivi, che di collettivo hanno nulla. E magari qualche ente bilaterale, traballante, al fine di gestire un po' di previdenza e qualche poltrona.

Il protocollo di Boccia va nella giusta direzione. Ognuno è libero di farsi il contratto che crede (in Italia esistono circa 800 contratti collettivi depositati presso il Cnel, di cui, per capirsi, solo 60 stipulati da associazioni di Confindustria), ma con l'accordo si propone di misurare la «rappresentanza delle parti stipulanti». Per questa via si individua in ogni settore il contratto di riferimento. E ad esso si applica efficacia erga omnes, e ad esempio le previsioni di legge su decontribuzioni e defiscalizzazioni o incentivazioni. Esiste una possibilità, residuale, di stare fuori, come è giusto che sia. Ma senza riconoscimento di status di contratto di settore. Insomma chi vuole far da sé o rappresenta una congrua maggioranza o non gode di benefici collettivi. Ci sta.

Il compito non è finito. Adesso Inps, Cnel e camere di commercio ci devono mettere del loro e studiare subito i modi concreti per misurare questa soglia di rappresentatività.

Serve un ulteriore passo: traslare sugli scioperi lo stesso principio. Ovviamente in questo caso servirebbe una norma di legge. Il principio è altrettanto sacrosanto: il diritto all'astensione collettiva dal lavoro, può nascere se vi è una rappresentatività adeguata, da misurare appunto, di coloro che la propongono.

Mi rendo conto che sono temi molto complessi, e in fondo capisco perché la stampa generalista se ne sia occupata poco.

Ma il protocollo di Boccia se dovesse passare alla sua età matura, porterebbe molta chiarezza nel nostro sistema di relazioni industriali e dunque nella competitività di questo Paese.

Commenti