Economia

Renault "ripunta" Nissan Ma Tokio vuole dire no

Nuova offerta per la fusione. Altra tegola su Ghosn, accusato di appropriazione indebita

Renault "ripunta" Nissan Ma Tokio vuole dire no

L'Alleanza tra Renault e Nissan, con la successiva aggiunta di Mitsubishi, funziona. Le sinergie industriali sono un esempio di efficienza e il gruppo si contende la prima posizione mondiale con big del calibro di Volkswagen e Toyota. La stessa Alleanza franco-nipponica, inoltre, ha pure resistito al terremoto che ha spazzato via il numero uno Carlos Ghosn, sempre più alle prese con la giustizia di Tokio. Ora, però, è la grandeur francese che rischia di mandare tutto all'aria. Parigi, proprio in questi giorni, sarebbe nuovamente passata all'attacco, riproponendo l'integrazione tra i due gruppi, tema che lo stesso Ghosn ritiene essere al centro di tutti i suoi guai giudiziari. Da Tokio, però, la risposta in arrivo dovrebbe ricalcare quelle precedenti. Il motivo non cambia: l'argomento nozze continua a non essere affrontato su un piano di parità e un'integrazione renderebbe definitiva questa diversità di trattamento. Di fatto, Renault (detiene il 43% del gruppo «amico», ha come maggior azionista l'Eliseo e vanta il diritto di voto nel cda) punta a voler sempre comandare, mentre Nissan (possiede il 15% della società francese, ma non ha diritto di voto) rivendica soprattutto il suo ruolo di traino dell'Alleanza.

Tra Renault e Nissan il tira e molla sulla revisione degli equilibri potrebbe minare la tenuta degli accordi e aprire a nuovi scenari. Tempo fa, a esempio, era stato indicato in Fca l'obiettivo di un ulteriore allargamento dell'asse Parigi-Tokio, ma solo dopo che i due gruppi si fossero integrati.

Proprio ieri, intanto, l'ex numero uno Ghosn si è visto negare l'uscita dal carcere su cauzione. I giudici hanno infatti presentato un nuovo pesante capo d'accusa: l'appropriazione indebita di fondi Nissan pari a 5 milioni di dollari, con la conseguente «violazione della fiducia». Contro Ghosn, tornato in prigione il 4 aprile scorso, dopo un primo lungo periodo di detenzione (108 giorni), la Nissan che egli stesso aveva salvato e riportato in auge, unendola a Renault, ha chiesto «sanzioni di adeguata severità» di fronte a «una condotta totalmente inaccettabile».

Secondo l'accusa i fondi Nissan per 5 milioni di dollari sarebbero stati versati, attraverso una società libanese, in un fondo controllato dal figlio Anthony negli Usa, Shogun Investments LLC. Alcuni di questi soldi sarebbero anche serviti ad acquistare una lussuosa barca, del costo di 12 milioni di euro. Lo scafo è stato battezzato con il nome di «Capo».

La moglie dell'ex top manager, Carole, ha inviato un messaggio al presidente Emmanuel Macron e ha chiesto aiuto anche a Donald Trump. Il «caso» potrebbe essere argomento di discussione tra Macron, Trump e il premier di Tokio, Shinzo Abe, a margine del prossimo vertice del G20.

In un messaggio video registrato prima del secondo arresto e diffuso dai suoi avvocati, Ghosn si era scagliato contro alcuni dirigenti di Nissan, accusandoli di cospirazione.

Ghosn aveva anche convocato una conferenza stampa per l'11 aprile scorso, ma le manette glielo hanno impedito.

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