Economia

"La ricetta Mc Donald's? Tablet e assunzioni"

L'ad del gruppo in Italia: «In 4 anni creati 4mila posti di lavoro»

"La ricetta Mc Donald's? Tablet e assunzioni"

A suo modo, è una rivoluzione. Il modello Mc Donald's, quello che da sessant'anni è l'antonomasia del fast food, cambia: arriva il servizio al tavolo. Chi vorrà potrà, come adesso, recarsi al banco munito di vassoio; ma in ogni ristorante saranno creati dei chioschi con tablet giganti attraverso i quali ordinare e pagare, per poi aspettare al posto. «Dal 2016 tutti i nostri 530 locali avranno il servizio al tavolo più veloce in Italia», annuncia Roberto Masi, da 8 anni amministratore delegato della multinazionale nel nostro Paese. «Riteniamo di rispondere a una concreta richiesta della clientela, soprattutto delle famiglie». Sono inoltre in fase di sperimentazione i salad bar, dei corner nei quali inventarsi la propria insalata, mentre sono già state aperte 260 caffetterie «per portarci avanti, visto che in Italia arriverà Starbucks». È prevedibile una concorrenza accesa: Starbucks da caffè e colazioni si sta infatti spostando anche su panini e pranzi veloci; al contrario, Mc Donald's agli hamburger sta aggiungendo caffè, tè e dolci. Negli ultimi due anni Mc Donald's ha avuto risultati in calo, ma l'arrivo di un nuovo ceo negli Stati Uniti e il suo piano strategico hanno portato a un nuovo incremento degli utili e spinto il titolo a Wall Street ai massimi di sempre, intorno ai 120 dollari. In Italia le cose vanno bene. Spiega Masi: «Nella riorganizzazione, l'Italia è tra i Paesi ad alta crescita, perché non abbiamo ancora espresso tutto il nostro potenziale. Per fare un esempio, in Francia i ristoranti sono 1.300, più del doppio che da noi, e questo fa capire che c'è molto spazio da recuperare».

Mc Donald's, che offre un servizio alla portata di tutti, ha beneficiato della crisi?

«Il nostro scontrino medio è di 7,5 euro. All'inizio, nel 2008-2009 molti consumatori si sono spostati da noi. Poi sono stati costretti a restare a casa: da cinque anni c'è un calo, ed è il più forte dal dopoguerra».

Il vostro bilancio chiude comunque in utile.

«Sì, dal 2006. Gli anni difficili sono stati quelli precedenti. Oggi le vendite complessive ammontano a 1,1 miliardi, e il fatturato di Mc Donald's Italia è di 350 milioni».

Può spiegarsi meglio?

«L'80% dei locali è in franchising, quindi i nostri ricavi sono in parte frutto dell'attività diretta, in parte dei diritti pagati dai titolari dei locali. La stessa proporzione si registra nel gruppo: 100 miliardi di dollari di vendite e 30 miliardi di fatturato. Il piano strategico prevede anzi una crescita del franchising».

Di chi è la proprietà dei muri?

«Per il 30% sono nostri: negli ultimi tre anni abbiamo costruito 110 immobili che affittiamo agli affiliati, i quali hanno così una garanzia di lungo periodo. Questo è un modello in tutto il mondo, dove gli immobili di proprietà sono il 60%».

Si parla di uno spin off che farebbe emergere 20 miliardi di dollari di valore.

«Se ne parla da anni, ma non si è mai fatto. In Italia comunque non è in agenda».

Siete stati sponsor di Expo, che risultati vi ha portato?

«Ha migliorato la percezione del nostro marchio e ci ha portato molti nuovi clienti».

Usate prodotti made in Italy?

«L'85% dei fornitori sono italiani: 8 anni fa erano il 20%. Tutta la carne, per esempio, proviene dal gruppo Cremonini».

Qual è la dinamica dell'occupazione?

«Negli ultimi 4 anni abbiamo assunto 4mila persone».

Il «Jobs Act» ha portato benefici?

«Sicuramente. L'imprenditore ha cominciato a prendersi più rischi. Le posso dire che in ogni nuova apertura le assunzioni sono superiori del 50% rispetto al passato.

Questo grazie alle tutele crescenti e al maggior margine di flessibilità in uscita».

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