Economia

"Rien ne va plus" per i casinò in rosso

Saint Vincent rischia di chiudere, Venezia perde 2,4 milioni. Croupier in sciopero

"Rien ne va plus" per i casinò in rosso

«Rien ne va plus» per i casinò italiani alle prese con bilanci in profondo rosso e battaglie sindacali. La crisi va avanti da anni ma si è intensificata prima con l'introduzione della legge che vieta di fumare nei luoghi chiusi, poi con la concorrenza del gioco online e ora a «sbancare» le sale sono anche gli scioperi. Partiamo però dai conti. Gli incassi del Casinò di Sanremo sono scesi oltre della metà rispetto al periodo felice del 2004-2005, quando nelle casse entravano oltre 100 milioni. Il bilancio 2016 è stato chiuso in utile per 860.366 euro ma in netto calo rispetto ai 2,7 milioni di fine 2015. Un caso a parte è quello del casinò di Campione, definito un'enclave, ovvero un frammento di territorio statale circondato dal territorio di un altro Paese, confinante con le Alpi svizzere e il lago di Lugano. La casa da gioco ha chiuso il 2016 con un -2,3% del proprio fatturato di gioco, 92,8 milioni ed è affossata dai debiti. I problemi a Campione derivano anche dal fatto che i dipendenti comunali (come quelli del Casinò di cui il Comune è unico socio) vengono pagati in franchi, ma le entrate dell'amministrazione arrivano dal casinò in euro, ora svalutato rispetto alla moneta elvetica.
Rischia la chiusura il Casinò de la Vallée di Saint Vincent che nel 2016 ha perso oltre 46 milioni. Al rosso dei conti si aggiunge in questo caso anche l'inchiesta giudiziaria sul danno erariale di oltre 140 milioni contestato a 22 indagati, tra consiglieri ed ex consiglieri regionali, e accuse di truffa aggravata e falso in bilancio. Nel mirino, la Regione Valle d'Aosta (azionista con il Comune di Saint Vincent) e il finanziamento pubblico del Casinò iniziata nel 2012 a sostegno della ristrutturazione della casa da gioco nonché dell'annesso resort di lusso e costata circa 130 milioni.
La crisi morde anche il Casinò forse più famoso d'Italia: quello di Venezia che rischia di dover dire addio alla storica sede di Ca' Vendramin. Il bilancio è pesante: due milioni di perdite l'anno scorso, altri due già accumulati nei primi quattro mesi del 2017. Il Comune ha deciso di ricapitalizzare, con 7 milioni. A maggio è stato comunicato alle organizzazioni sindacali della società Cdv Gioco Spa, che controlla il Casinò, del recesso unilaterale dal contratto aziendale. La disdetta è infatti un atto obbligato per poter procedere poi alla ricapitalizzazione. Ma proprio sul nuovo regolamento di lavoro si è scatenata la battaglia fra la giunta e i dipendenti. Per risanare i conti bisogna tagliare di circa 5 milioni - nel 2016 il costo del personale è stato di 40,1 milioni per 538 dipendenti - e rivedere le regole su premi e indennità. A cominciare dalla clausola della «Indisponibilità» contenuta nel vecchio contratto applicato fino al 30 giugno scorso che prevedeva il diritto (oltre alle ferie, riposi e festività) anche a tre giorni l'anno di assenza dal lavoro senza dover presentare certificati di malattia e senza appunto ricorrere a ferie o permessi. Ma i dipendenti hanno alzato le barricate e il 3 agosto hanno proclamato lo sciopero «bianco» che andrà avanti fino al 24 agosto compreso.
I lavoratori si fermano un'ora la mattina, la prima di ogni turno, e di sera l'ultima ora e mezza del turno mandando via prima, quindi, i giocatori. Se non verrà raggiunto un accordo, dal 2018 lo storico palazzo affacciato sul Canal Grande chiuderà i battenti con una stima di 150 esuberi su 535 dipendenti. Sarà mantenuta soltanto la sede di Ca' Nogara che garantisce oltre i tre quarti degli incassi. Il banco, dunque, piange. C'è attesa per il 7 settembre quando dovrebbe arrivare il via libera definitivo delle Regioni al decreto che riorganizza il comparto dei giochi. Uno dei punti in agenda prevede di rivedere l'attuale disciplina dei Casinò per risanare il settore.
In vista della riforma, Taormina vuole tornare ad avere un casinò tutto suo.

Nonostante quello inaugurato nel febbraio del 1963 a Villa Mon Repos fosse rimasto aperto solo fino al gennaio del 1965.

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