Economia

Rischio turbolenze in Borsa Vediamo il test per investire

Prima di decidere è necessario verificare il proprio grado di tolleranza al rischio. I fondi favoriti nel 2018

Ennio Montagnani

Quali fondi scegliere per i prossimi 6-12 mesi? Prima di rispondere è opportuno verificare quale sia il vostro profilo di rischio e, cioè, come reagite alle forti oscillazioni dei mercati. Perché, se è vero che la volatilità è ai minimi storici, i pericoli sullo sfondo, capaci di creare improvvisa instabilità sui mercati, sono molti: dalla crisi Nord CoreaUsa alla situazione in Medio Oriente con l'antagonismo crescente tra Arabia Saudita e Iran, dall'inaspettata instabilità elettorale in Germania alle tensioni politiche per il continuo sbarco di migranti dall'Africa. Per avere una misura tangibile del vostro personale grado di sopportazione delle turbolenze di Borsa, potete fare il «test del 2016». All'inizio dello scorso anno i mercati finanziari iniziarono infatti a capitolare senza una vera ragione (la più citata era il presunto timore di un forte rallentamento della crescita cinese, poi rivelatosi del tutto infondato). Dal primo gennaio all'11 febbraio del 2016 tutti i mercati accusarono perdite cospicue e, a cascata, anche i fondi di investimento, sebbene con differenti sfumature in funzione del diverso profilo di rischio. I fondi azionari segnarono in quell'arco di 42 giorni -17,33%, i fondi bilanciati -7,6%, i flessibili -6,5%, i fondi obbligazionari -2% e i monetari -0,1%: in media, chi era investito a inizio anno in fondi, all'11 febbraio 2016 aveva già perso il 5,3% del capitale iniziale. Coloro che però mantennero le posizioni in portafoglio senza farsi prendere dal panico, contabilizzarono poi guadagni a fine anno: i fondi azionari segnarono infatti un progresso annuale del 3,7%, i bilanciati del 2,3%, gli obbligazionari del 2,2%. Ma, per l'appunto, per ottenere questo risultato gli investitori dovettero resistere alla tentazione di vendere nella crisi di inizio anno. Ebbene, il test 2016 consiste proprio nel chiedersi: se oggi investo i miei risparmi in fondi a più alto profilo di rischio (azionari, bilanciati, flessibili ma anche obbligazionari, come gli high yield e quelli specializzati sui Paesi emergenti) sarò in grado di tenerli in portafoglio se capitasse una forte correzione? Una volta risposto alla domanda, possiamo procedere a verificare quali siano le categorie i fondi con le migliori potenzialità nel 2018. In ambito azionario, molto (se non tutto) dipenderà da due fattori. In primis, il proseguimento dell'attuale contesto (crescita globale diffusa, inflazione sotto controllo e politiche monetarie ancora accomodanti con un graduale rialzo dei tassi soltanto negli Stati Uniti). In secondo luogo, l'incremento degli utili che, se non brillante come il 2017, dovrà essere almeno tra il +5% e il +7%. A queste condizioni l'azionario appare più conveniente dei bond, tenendo tuttavia conto che le valutazioni dei listini (in particolare Wall Street e Francoforte) sono ai massimi. Quindi, va bene l'esposizione in Borsa ma è meglio privilegiare l'area euro e Tokyo rispetto agli Usa: quanto all'azionario dei Paesi emergenti, si può mantenere una esposizione neutrale.

In ambito obbligazionario, invece, occhio al rialzo dei tassi. Sarà graduale ma farà sentire comunque i suoi effetti negativi sui portafogli obbligazionari, in particolare quelli investiti prevalentemente in titoli di Stato e, in misura ancora maggiore, nella zona euro (governativi euro a breve termine e a medio lungo termine). Per chi ama il reddito fisso in euro (anche per evitare problemi di rischio di cambio) è possibile mantenere, ma non aumentare, l'esposizione ai fondi obbligazionari corporate bond euro investment grade (rendono leggermente di più dei titoli di Stato e stabilizzano il portafoglio) e incrementare il peso nei fondi obbligazionari high yield euro: garantiscono cedole ancora generose e, inoltre, dovrebbero beneficiare del miglioramento dell'economia della zona euro. Nel segmento dell'obbligazionario in dollari è meglio fare il contrario. Ovvero alleggerire l'esposizione agli high yield americani (potrebbero cominciare a soffrire l'avvicinarsi della fine del ciclo economico Oltreoceano) e aumentare la quota nei fondi corporate bond investment grade Usa, il cui rendimento è quasi confrontabile a quello degli high yield euro ma con un rating (qualità dell'emittente) superiore.

Il debito dei Paesi emergenti dovrebbe continuare a dare soddisfazioni anche nel prossimo anno e, di conseguenza, si può investire tra il 5% e i 10% in fondi obbligazionari Paesi emergenti: una equa divisione tra fondi in valuta locale e fondi in valuta forte dovrebbe diluire un po' i rischi.

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