Economia

Rush finale per l'Opa Parmalat L'addio al listino appeso al filo

Venerdì si chiude. I francesi vogliono lasciare la Borsa Ma i fondi chiedono di più. E sono pronti ad azioni legali

Rush finale per l'Opa Parmalat L'addio al listino appeso al filo

Ultimi giorni al cardiopalma per l'Opa Parmalat. L'offerta con cui i francesi di Lactalis puntano a portare a casa il 100% di Collecchio è alle battute finali. Il 10 marzo si chiude, ma il suo destino, e con esso, quello del gruppo del latte, non è ancora scritto. Sul piatto è in gioco il 12,3% della società per il quale i francesi sono disposti a pagare 2,8 euro per azione. Un prezzo più alto rispetto ai 2,6 euro offerti dalla Lactalis della famiglia Besnier con l'Opa del 2011, ma più basso rispetto agli attuali corsi del titolo in Borsa (2,90-2,95 euro). E non ritenuto congruo dai fondi azionisti di minoranza.

Per capire cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni, bisogna considerare che le adesioni al momento sono basse: venerdì erano lo 0,67% dei titoli oggetto dell'offerta. Una percentuale piuttosto risicata anche se tutto si giocherà, come da tradizione, negli ultimi tre giorni. Ma quali sono le attese? Lactalis deve superare la soglia del 95% (dall'attuale 87,7%) se vuole portare a termine il proprio intento in un colpo solo: ritirare il 100% delle azioni e il titolo dal mercato quotato. La seconda soglia ipotizzata (l'art 108 del Tuf e 50 del regolamento emittenti) è invece quella che i francesi vengano a detenere una partecipazione superiore al 90% del capitale: in questo caso si apre una nuova offerta al prezzo che viene fissato da Consob e alla quale segue il delisting del titolo. Obiettivo che, a questo punto, appare il più scontato se si considera che l'azionista di minoranza Amber detiene quasi il 4% e non consegnerà le azioni, così come il socio fondatore dei fondi Usa Gamco Mario Gabelli (1%). A cedere non saranno poi gli istituzionali che, per la maggior parte, stanno invece vendendo sul mercato a un prezzo più alto, come dimostrano i volumi che hanno interessato il titolo dall'inizio dell'Opa.

In queste ultime ore, dunque, tutta la partita si gioca dunque con il retail, ovvero l'investitore non professionale. Proprio per questa ragione è finita nel mirino delle minoranze, con diversi esposti alla Consob, la pubblicità dell'Opa messa a punto da Lactalis. Questa, spiega come la scelta di consegnare le azioni rappresenterebbe un'opportunità vantaggiosa per liquidare il proprio investimento e, in secondo luogo, richiama l'attenzione sul rischio di restare in una società che in futuro sarà più quotata. Un messaggio finito nel mirino delle minoranze e sul quale sarebbe già intervenuta Consob.

Un fronte che potrebbe acuire ulteriormente lo scontro tra le parti a pochi giorni dalla fine dell'Opa. E che, secondo alcuni analisti, potrebbe spingere la saga Parmalat ai tempi supplementari e verso una revisione al rialzo del prezzo. E non solo per convincere una volta per tutte i possessori di azioni che non vogliono consegnare i titoli. Ma anche per cercare di arginare l'ondata di proteste delle minoranze e le possibili azioni legali allo studio. Amber ha da tempo chiesto un rialzo tra 3,8 e 4,5 euro considerando anche il potenziale incasso derivante dal contenzioso Citigroup, a cui il gruppo di Collecchio ha chiesto 1,8 miliardi di euro di danni. Per Amber il contenzioso potenzialmente potrebbe avere un impatto rilevante, in senso positivo, sulla stessa Parmalat e il sospetto (nonostante la smentita di Lactalis) è che tra le parti vi sia già un'intesa per concludere una transazione, ma solo dopo l'Opa.

Supposizioni che stanno incendiando lo scontro tra i soci che venerdì, un po' a sorpresa, hanno dovuto incassare anche la notizia di un utile 2016 quasi dimezzato (79,4 milioni, -45%) e di una svalutazione del business brasiliano.

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