Economia

Sì della Troika ad Atene, Berlino frena

Pronta la bozza per sbloccare il terzo piano di aiuti alla Grecia in cambio di riforme. La Finlandia minaccia: «Ci sfiliamo»

I grandi creditori internazionali hanno trovato l'accordo per sbloccare la terza tranche di aiuti alla Grecia da 83 miliardi, ma la Germania della cancelliera Angela Merkel punta i piedi con l'obiettivo di prendere tempo. Berlino preferisce infatti un prestito ponte da 3,5 miliardi appena sufficiente per risolvere i problemi più urgenti: il 20 agosto la Grecia deve rimborsare 3,2 miliardi alla Bce di Mario Draghi.

L'indiscrezione del primo ok della ex troika a procedere è trapelata ieri pomeriggio mentre in Grecia gli emissari del Commissione europea, del Fondo Monetario, della Bce e dell'Efsm erano seduti al tavolo dei negoziati con il ministro delle Finanze greco, Euclid Tsakalotos, e quello dell'Economia, George Stathakis.

La bozza del progetto di salvataggio, che concede al governo di Alexis Tsipras denaro in cambio di un taglio alla spesa pubblica attraverso un nuovo programma di riforme da portare obbligatoriamente a compimento entro tre anni, si dispiega su documento di 27 pagine. L'esecutivo ellenico ha peraltro già programmato di discutere un round di riforme in settimana, da votare entro il 14 agosto, che prevede il taglio delle spese per la difesa e dei sussidi agli agricoltori.

Il creditori - Ue, Fmi e Bce - hanno giudicato il pacchetto di riforme «sostanziale e strutturale», scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung . Se tutto filasse liscio i negoziati potrebbero concludersi martedì, così da consentire al Parlamento greco di votare giovedì e ai ministri delle Finanze della zona euro di riunirsi in teleconferenza per il via libera. Il piano deve però passare al vaglio di altri Parlamenti nazionali, come il Bundestag (il 17 o il 18 agosto). Il pallino torna quindi nelle mani delle diplomazie europee. E qui peserà l'ostilità di Berlino, che con il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, uno dei più rigidi falchi del rigore, avrebbe predisposto da settimane un «piano B» per accompagnare la Grecia fuori dall'euro per cinque anni, coniando una «nuova dracma». In tale lasso di tempo Atene dovrebbe guarire i suoi mali, oppure la Grexit diverrebbe definitiva. Ma ora minaccia di sfilarsi dal salvataggio anche la Finlandia: «Certo che possiamo restare fuori» dal piano; abbiamo veramente perso la pazienza. Non accetteremo un aumento dei nostri passivi, o tagli al debito greco», ha detto ieri il ministro degli Esteri Timo Soini.

Berlino, peraltro, ha ormai messo sostanzialmente al riparo le sue banche dalla crisi ellenica e quindi non ha interesse ad aprire il portafogli per una Grecia «intossicata» da 312 miliardi di debito pubblico, pari al 180% del suo (modesto) pil. Tanto che anche il Fmi ha messo per iscritto che non parteciperà ad altri aiuti se l'Europa non concederà ad Atene una ristrutturazione, cioè un taglio, del debito pubblico. Fumo negli occhi per frau Merkel.

Resta poi il problema di ricapitalizzare le banche elleniche, oggi alimentate artificialmente dall'Eurotower con i fondi «Ela».

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