Economia

Saipem perde 920 milioni e taglia 8.800 persone

Tra il 2015 e il 2017 Saipem taglierà 8.800 posti di lavoro per risparmiare 1,3 miliardi di euro e far fronte alla crisi del mercato causata dal crollo del prezzo del petrolio.

È il primo effetto degli ultimi conti della società controllata dall'Eni che sembrano un bollettino di guerra: 920 milioni di perdite nette accumulate nei primi sei mesi di quest'anno per colpa dello stop al contratto South Stream e delle maxi-svalutazioni per 929 milioni di euro. Alla fine del primo semestre il gruppo Saipem registrava, inoltre, un debito netto di 5,53 miliardi di euro (rispetto ai 4,42 miliardi di fine 2014) che includono il temporaneo impatto netto negativo di 502 milioni di euro relativi a scadenze nel semestre di derivati di copertura cambi. I vertici sono stati dunque costretti a rivedere le stime per fine anno: il debito è atteso sotto i 5 miliardi, a fronte di un'attesa inferiore ai 4 miliardi delle previsioni. I ricavi sono attesi a 12 miliardi (tra i 12 e i 13 miliardi in precedenza) e la perdita a 800 milioni (contro un utile tra i 200 e i 300 milioni).

Intanto, sul fronte industriale è crollata anche l'acquisizione di nuovi ordini che si attesta a 3,5 miliardi rispetto ai 13,13 miliardi del primo trimestre del 2014. Il portafoglio residuo scende quindi a 19 miliardi di euro (22,14 al 31 dicembre 2014).

Di qui la necessità di procedere con quello che l'amministratore delegato, Stefano Cao, ha definito «un cambio di passo al fine di rispondere più efficacemente alle nuove esigenze dei clienti» in uno scenario di mercato «profondamente deteriorato. L'ulteriore repentino calo del prezzo del petrolio ha creato una discontinuità significativa, che non prevediamo riassorbirsi nel breve-medio periodo e che ha portato a un sempre più marcato irrigidimento dei clienti sulla gestione operativa e commerciale dei contratti», ha aggiunto Cao. Che quindi ha deciso di razionalizzare gli asset produttivi e rivedere tutti i processi industriali focalizzando l'azienda su aree e attività «a maggior valore aggiunto». Verranno ridimensionate le operazioni produttive in alcuni paesi tra i quali Canada e Brasile» mentre «in termini della flotta navale sono stati individuati cinque mezzi da dismettere». Infine, il direttore finanziario Alberto Chiarini ha confermato ieri che tra le opzioni al vaglio per ristrutturare il suo debito c'è anche l'aumento di capitale. I conti e i tagli drastici al personale sono stati annunciati a Borsa chiusa dopo che la seduta era stata archiviata dal titolo Saipem con un rialzo dell'1,94% a 8,14 euro. Un abisso rispetto ai massimi di 39,92 euro toccati nel settembre del 2012. Con ripercussioni indirette anche sulle casse pubbliche.

Il ministero dell'Economia è, infatti, azionista di Eni (mentre la Cassa Depositi e Prestiti, partecipata dal Tesoro, controlla il 25,7%), che a sua volta di Saipem detiene il 42,9 per cento.

Sono gli euro che il titolo vale oggi in Borsa.

Lontano dai massimi di 39,92 euro toccati nell'autunno 2012.

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