Economia

Santander spegne il focolaio Popular

Si compra il Banco a un euro ma solo dopo l'azzeramento di azioni e obbligazioni

Camilla Conti

Il focolaio spagnolo acceso con la crisi del banco Popular è stato spento in sole 24 ore. Con uno scarno comunicato diffuso nelle prime ore della mattinata di ieri, la Bce ha infatti annunciato che il Banco «sta fallendo o rischia di fallire». Il «significativo peggioramento della liquidità della banca di questi ultimi giorni - ha spiegato l'istituto centrale - ha indotto a stabilire che la banca sarebbe in futuro nell'incapacità di rimborsare i suoi debiti o di onorare altre impegni alla data di scadenza». Francoforte ha così informato il consiglio di risoluzione unica (Srb) che ha adottato un regime di risoluzione «che implica la vendita di Banco Popular a Banco Santander» al prezzo simbolico di un euro. L'operazione prevede un aumento di capitale da 7 miliardi, che si terrà il mese prossimo, per rimettere in salute il Popular, gravato da 35 miliardi di prestiti tossici al settore immobiliare. In cambio, il colosso guidato da Ana Botin porterà a 17 milioni il numero dei clienti in Spagna, diventando la prima banca iberica per depositi e crediti. «L'operazione si fa senza l'utilizzo di fondi pubblici», ha sottolineato il ministro dell'Economia, Luis de Guindos, «e senza che si produca un eventuale contagio tra il rischio bancario e il rischio sovrano, come è avvenuto in passato».

A pagare il conto più salato saranno gli azionisti del Popular e i detentori di titoli subordinati come prevede con il cosiddetto burden sharing la procedura di risoluzione disciplinata dalla direttiva Brrd. Anche con la presenza di un compratore (il Santander), infatti, scatta il preventivo azzeramento di azionisti e obbligazionisti subordinati della classe Additional Tier 1 e la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate Tier2. Le azioni rivenienti da questa conversione saranno a loro volta spazzate via, prima della ricapitalizzazione da parte del Santander che si ritroverà così una banca «risolta», ovvero pulita. Il costo per azionisti e obbligazionisti subordinati sarà di 3,3 miliardi. Tra le «vittime» della risoluzione, segnala El Pais, il gruppo cileno Luksic che solo pochi mesi fa ha comprato un 3% del Banco per 90 milioni e la famiglia messicana Del Valle, entrati con l'aumento di capitale del 2014. Gli analisti temono che sui bond AT1 (1,25 miliardi di valore) e Tier 2 (560 milioni) possano insorgere complicazioni. Ovvero cause pesanti contro la banca per misselling, la vendita fraudolenta dei titoli. La maggior parte dei Tier 2 è in mano ai clienti retail, dai quali gli esperti si attendono il rimborso del capitale investito.

Intanto, il salvataggio in ventiquattro ore del Banco Popular fa giurisprudenza per gli altri casi critici sul tavolo di Francoforte e Bruxelles. Come quello delle banche venete, caso ben diverso da quello del Banco spagnolo perché per Vicenza e Veneto Banca il governo italiano sta ancora trattando con Bruxelles il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. Per richiederla, in base alle regole Ue, una banca deve essere dichiarata solvente dalla Bce. Così è stato per le due venete, mentre il Popular secondo la Bce non è più in grado far fronte ai propri impegni finanziari. Prima dell'intervento pubblico, la Ue chiede però a Roma un intervento privato da circa 1,2 miliardi per coprire perdite prevedibili legate a cessioni degli npl. E nessuno si è fatto ancora avanti. Secondo gli analisti di Abn Amro, «l'accordo con il Santander è stato facilitato dal fatto che Banco Popular è una banca interessante per il suo libro prestiti e la diversificazione verso il Portogallo».

Si chiedono, dunque, i broker: «se il Popular è stata definita una banca che sta per fallire o probabilmente fallirà quale sarà il destino di Veneto Banca e Pop Vicenza, considerevolmente più deboli?».

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