Economia

Lo smacco di S&P costa caro ai soci di Saipem

L'aumento di capitale avrebbe dovuto garantire un rating positivo. In Borsa - 4%

Sofia Fraschini

«Speculative grade». Da venerdì Saipem, bocciata dall'agenzia di rating S&P, non ha più un merito di credito investment. In pratica il «pagellino» (sceso da BBB- a BB+) con cui si presenta ai potenziali investitori è di segno rosso. Uno smacco per la società di ingegneria petrolifera che, tra le motivazioni alla base dell'aumento e del rifinanziamento bancario appena conclusi, aveva indicato proprio la necessità di poter avere un rating positivo: «un buon grado di affidabilità finanziaria che - spiega un analista - ha il suo peso quando una società deve essere selezionata per le commesse», soprattutto con l'industria oil in crisi che ha tagliato gli investimenti divenendo più selettiva.

«Siamo a una svolta - spiegava l'ad, Stefano Cao, presentando il nuovo piano industriale in autunno. L'aumento da 3,5 miliardi, riporterà il nostro indebitamento in linea con i concorrenti, a un livello coerente con un credit rating investment grade, permettendo il rifinanziamento del debito di 3,2 miliardi a tassi competitivi. Una solida base sulla quale costruire il futuro». Un domani che, a sette mesi di distanza, torna in salita, con il giudizio che potrebbe far salire gli oneri finanziari e, soprattutto, guardando al 2017 quando, per S&P, l'indebolimento dell'industria oil e gas potrebbe aver compromesso la generazione di cassa. Poco potranno fare gli azionisti visto che Eni, interpellata, ha confermato «di non svolgere alcun ruolo di garanzia per le commesse della sua controllata (30,4%)» e alla Cdp fanno ancora i conti con la minusvalenza realizzata rilevando il 12,5% della società, senza poter contare sulla consolazione di un dividendo. In attesa, dunque del prossimo autunno, quando la società potrebbe aggiornare il piano, S&P ha messo le mani avanti e, con il rating, ha rivisto le stime 2017: l'ebitda potrebbe essere di circa 1,1 miliardi nel 2016, per poi cadere a 700-800 milioni nel 2017; i ricavi sono visti in calo fino a 9 miliardi. L'agenzia riconosce come positivo il taglio dei costi e il rifinanziamento del debito (a 2 miliardi da 5,4 miliardi). Tuttavia, dubita che basterà a mitigare la crisi di settore. Inoltre, considera la redditività della Saipem «più debole e volatile di quella dei concorrenti» spiegando che non aiutano «i tanti contratti a costo fisso e la concentrazione del business in Medio Oriente e in Africa».

Magra consolazione (il titolo ieri ha perso il 4,5% a 0,37 euro) riguarda la voce liquidità: per ora non sono attesi nuovi aumenti.

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