Economia

Con Snapchat in Borsa torna la febbre da web Ma la festa sta per finire

Gli analisti preoccupati dai maxi-multipli assegnati ad aziende che faticano a far utili

Con Snapchat in Borsa torna la febbre da web Ma la festa sta per finire

Con il collocamento di Snapchat a prezzi stellari la febbre da web company è tornata d'attualità. Per alcuni esperti però si tratta di una bolla che potrebbe scoppiare quanto prima. Snapchat non si sa quando genererà utili, in compenso ogni suo dipendente è valutato circa 13 milioni di dollari e il suo utente 140mila. Non proprio a saldo.

La società di messaggistica istantanea punta infatti a una valutazione di 19,5-22,2 miliardi di dollari, pari a 14-16 dollari per azione, un po' meno rispetto alle previsioni iniziali (20-25 miliardi), ma pur sempre cifre astronomiche che valutano la start up sulla base di grandi speranze più che su realtà concrete.

I titoli della piattaforma saranno venduti a 19,5-22,2 volte circa il fatturato stimato sul 2017, sempre che la società mantenga le promesse di raddoppio (il 2016 si è chiuso con un 404,5 milioni di ricavi). Una cifra colossale persino tra i mostri sacri del Nasdaq 100, posto che Facebook vale 12 volte il fatturato e Yahoo 7. Senza considerare che un business più tradizionale come quello di Fca è valutato 0,1 volte le vendite.

Per quanto riguarda gli utili si tratta di un orizzonte ancora molto lontano da raggiungere visto che Snapchat ha chiuso il 2016 con una perdita netta di 514,6 milioni (dai 372,9 del 2015). Insomma chi investirà in azioni Snapchat, peraltro con diritti di voto limitati, scommetterà sulla probabilità che, prima o poi, la società fondata da Evan Spiegel, Bobby Murphy e Reggie Brown sia in grado, grazie alle speranze di una crescita impetuosa, di generare anche utili. Ma non è detto. Lo stesso prospetto avvisa gli investitori che la società «potrebbe non raggiungere mai o non mantenere la redditività». Ma Snapchat non è un caso isolato.

Sono numerosi i big hi-tech Usa per cui potrebbero volerci ere geologiche, quanto meno sulla base dell'andamento attuale degli utili, per ripagare l'investimento iniziale. È questo infatti quanto indica il rapporto tra prezzo e utili utilizzato come parametro di raffronto in Borsa, almeno quando i profitti ci sono. Facebook, ad esempio, tratta a 41 volte gli utili, mentre Netflix addirittura a 337. Sempre per ritornare al confronto iniziale, Fca vale oggi 9 volte gli utili. Sulla base di simili multipli Trip Chowdhry di Global Equities Reasearh ritiene che «siamo arrivati ai titoli di coda del boom dei social media». E proprio l'Ipo di Snapchat, che per l'analista non vale più di 500 milioni, potrebbe decretare la fine della febbre da web company.

Chi comunque entra in simili realtà punta sulla rivalutazione dei prezzi sostenuta da un'idea di business di successo. Non su utili immediati. Il rischio tuttavia, quando i profitti latitano, è quello di rimanere con il cerino in mano. A volte, come per Facebook, la scommessa è risultata vincente; altre meno, come per Twitter o Yahoo.

Alla fine si tratta di un copione già visto anche a Piazza Affari con Tiscali scambiata, a inizio millennio, a mille euro per una capitalizzazione di mercato di 14 miliardi (oggi il titolo vale 5 cent, pari a una capitalizzazione di 152 milioni), pari a quella di Fca che tuttavia oggi vale 16 miliardi.

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