Economia

Da Sondrio alle Cayman Al Creval comandano i fondi

Dumont in regia, ma il primo socio (7%) è un hedge

Per anni è stato considerato un piccolo feudo di Comunione e Liberazione, poi con la trasformazione in spa e l'addio al meccanismo «una testa, un voto» tipico delle Popolari, il Credito Valtellinese è diventato una public company, con il cuore a Sondrio ma con fondi esteri al comando a fare da nuova leva e soci che hanno il portafoglio molto lontano dalla Valtellina. Come l'hedge fund Altera Absolute Investments, che ha la base alle Isole Cayman e lo scorso 8 febbraio è diventato il primo azionista dell'istituto guidato da Mauro Selvetti con una quota del 7,07 per cento.

Altera, che sarebbe entrato nel capitale in occasione del rafforzamento da 700 milioni del febbraio 2018, potrebbe aver comprato nelle scorse settimane alcune quote dal fondo Steadfast Capital Management del finanziere Robert Pitts. Il fondo dal 2 gennaio è, infatti, sceso sotto la soglia del 5% (al 4,96%) del Creval e da allora potrebbe aver ridotto ulteriormente la propria quota. L'hedge fund Steadfast deteneva a marzo 2018 una quota dell'8,554% del capitale della banca valtellinese.

E mentre il fondo delle Cayman si posiziona lungo sul titolo dell'istituto lombardo, Morgan Stanley il 12 febbraio è salita anche se di poco nell'azionariato portandosi dal 5,8% al 6,3%, con diritti di voto per l'1,2%. A seguire c'è una piccola pattuglia di soci che detengono pacchetti attorno al 5% del capitale: il fondo Hosking Partners con il 5,06%, la Dgfd dell'imprenditore francese Denis Dumont (al 5,78%), il fondo Algebris di Davide Serra (al 5,3%) e il Credit Agricole con il 5 per cento.

Alla svolta storica avevano messo il sigillo, nell'ottobre scorso, i soci riuniti a Milano - per la prima volta non a Sondrio - votando a larghissima maggioranza l'unica lista di maggioranza presentata, quella promossa dall'azionista franco-svizzero Dumont: favorevole il 69,9% del capitale presente. Un esito scontato, considerando la manovra varata a sorpresa dallo stesso Dumont l'8 agosto: in quell'occasione l'imprenditore attivo nella grande distribuzione aveva chiesto la revoca dell'intero cda come contromossa rispetto al rafforzamento nel capitale da parte dell'altro azionista francese, Crédit Agricole. Al posto del presidente dimissionario Miro Fiordi, manager di lungo corso della banca, i francesi hanno portato Luigi Lovaglio, ex ad della polacca Bank Pekao (il cui controllo è stato ceduto nel 2017 da Unicredit al gruppo Pzu) lasciando il timone a Selvetti.

Sul fronte dei conti, il Creval ha chiuso il 2018 con un utile netto di 31,7 milioni contro una perdita di 331 milioni dell'anno scorso. Il cda ha anche avviato l'elaborazione di un nuovo piano industriale dopo aver messo in campo una radicale pulizia di bilancio: lo stock dei crediti deteriorati lordi è stato ridotti a 2 miliardi, in calo del 51% su base annua.

In Piazza Affari, però, la performance del titolo Creval resta negativa: nell'ultimo anno le azioni hanno lasciato sul terreno quasi il 31% e ieri hanno chiuso al seduta in calo dell'1,6% a 0,06 euro.

CC

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