Economia

La strana fretta del mercato su Ferrari

Sale il sospetto che una parte del mercato stia facendo pressione sull'Ipo Ferrari. Al monento però senza risultato. Tenuto conto che da Londra, sede legale di Fca, e da Maranello, a ieri non era stata diffusa alcuna nuova informazione sui tempi della quotazione del Cavallino, oggi nulla sembra essere all'orizzonte. Nei giorni scorsi si era infatti diffusa la notizia relativa al deposito, proprio oggi, del prospetto «con una domanda già superiore a 10 volte l'offerta», come riportato da Bloomberg . L'agenzia di stampa, inoltre, sentiti alcuni osservatori, ha indicato in 10 miliardi il valore del Cavallino, praticamente invariato da quello prospettato prima della crisi che ha coinvolto il Gruppo Volkswagen. Il valore del 10% di Ferrari (a Wall Street avrà il ticker FRRI), che Fca si appresta a quotare, potrebbe quindi essere valutato 1 miliardo. Sui tempi, dunque, resta valida la dichiarazione del presidente Sergio Marchionne per il quale la campanella del Nyse potrebbe suonare nella seconda quindicina di ottobre, salvo nuove decisioni. Negli Usa, in proposito, c'è chi vedrebbe di buon occhio uno slittamento della quotazione, non necessariamente lungo, tenuto conto delle turbolenze dei mercati causati dallo scandalo Volkswagen e, in aggiunta, della bufera che si è abbattuta sull'intero settore. «Perché non attendere tempi migliori?», si chiede una fonte. Era stata Cnbc ad affermare che «entro venerdì (oggi, ndr )» sarebbe dovuto partire «il processo dell 'Initial public offering : un'offerta da un miliardo di dollari».

Intanto, in Fca cresce la delusione dopo la bocciatura, da parte delle assemblee dei lavoratori Usa, dell'accordo preliminare sul nuovo contratto siglato con il sindacato Uaw. I 40mila dipendenti iscritti all'organizzazzione hanno respinto, con il 65% dei voti, l'intesa firmata da Marchionne e Dennis Williams (Uaw). Fca, si legge in una nota, «riteneva di aver raggiunto, al termine di ore di dialogo e dibattito, un compromesso equo». «L'accordo di principio - si precisa - era stato studiato per garantire forza e competitività di Fca Usa, offrendo stabilità ai dipendenti e opportunità per la crescita futura e gli investimenti in un mercato sempre più complesso». In queste righe si può leggere una sorta di minaccia: se le condizioni non lo permetteranno, Fca potrebbe trasferire, magari in Europa (Italia), alcune produzioni.

Sotto accusa sarebbe il modo con cui i vertici Uaw avrebbero informato la base, soprattutto quello tramite i social network .

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