Economia

Telecom diventa Tim per tentare nuove strade

Con il nuovo marchio il gruppo annuncia un'operazione immobiliare in 10 città e prepara la sfida della rete. Recchi: «Su Orange non c'è nulla»

Marco Patuano, ad Telecom Italia
Marco Patuano, ad Telecom Italia

Tre marchi e quattro cambi di proprietà (da Colaninno ai francesi di Vivendi passando per Tronchetti Provera e Telco) in 16 anni. Questa in estrema sintesi la storia di Telecom Italia che ieri ha presentato a Roma il nuovo marchio Tim con una T stlizzata in rosso di vago sapore orientale. Vanno dunque in pensione le onde per sposare una nuova filosofia che vede mischiare telefonia fissa, mobile e dati. Internet è la parola chiave insieme ad innovazione come dice l'ad Marco Patuano che la storia di Telecom la conosce bene. Come quando racconta che sul mobile la società pensava di fermarsi a 10 mila clienti. Oggi sono 30 milioni ossia quasi 10 milioni in più della telefonia fissa. Senza contare i 77 milioni di utenti mobili di Tim Brasil. Tim si ristruttura anche sul fronte immobiliare.

Una moderna telecom ha bisogno di meno spazio. Saranno dunque liberati 700mila metri quadri e investiti 400 milioni per ristrutturare sedi più piccole ma più funzionali e meno costose in 10 città. A Roma l'investimento all'Eur per la sede ipertecnologica che sarà pronta nel 2017 e di 100 milioni. E anche se il logo non è molto diverso da quello a cui gli italiani erano abituati l'ad Patuano parla di una rivoluzione profonda che vede l'integrazione della telefonia fissa e mobile. Del resto Tim, ma anche il suo più diretto competitor ossia Vodafone, offre tariffe più convenienti se l'abbonato ha non solo il telefono fisso (che e un punto per collegarsi a Internet senza limiti di tempo o di giga) ma anche quello mobile con lo stesso operatore. Anzi l'abbonamento più conveniente è quello family che prevede oltre al router (il punto di accesso a Internet) di casa almeno un paio di sim per gli smartphone di tutta la famiglia. Insomma un cambiamento vero. Come nel 1963 quando in Sip vennero conferiti altri quattro operatori regionali (tra cui Stipel). O quello del 1994 quando con l'incorporazione di Iritel, Telespazio, Italcable Sip divenne Telecom Italia. Oppure il 1995, quando la telefonia mobile uscì dalla pancia di Telecom con Tim che venne quotata in Borsa e dopo una decina di anni riaccorpata, cosa che aumentò la voragine del debito, ad oggi 27 miliardi, che frena le strategie di investimento.

Anche se per la banda ultralarga, dove Telecom si gioca la partita del futuro, gli investimenti ci sono. Anzi, secondo l'ad saranno aumentati. Il mese prossimo, in occasione della presentazione dei risultati, verranno anche specificate le linee guida del piano industriale triennale. E gli obiettivi che Telecom si era data di una copertura del 75% della popolazione in fibra e del 95% in Lte (la banda larga mobile) al 2017, secondo Patuano, sono superati. Ieri è stata anche l'occasione per presentare la nuova campagna pubblicitaria istituzione che ha un testimonial di eccezione in Tim Berners Lee, il padre di Internet, visibilmente preoccupato del successo della sua invadente creatura. Berners Lee ha infatti spiegato di lavorare a un protocollo Internet che potrebbe dare agli utenti stessi il controllo dei dati personali per un maggior rispetto della privacy. Accanto a lui, interpreti di altri concept spot sulle tlc, Fabio Fazio e l'ex iena Pif.

Sul fronte finanziario il presidente Giuseppe Recchi ha definito speculazioni («Non c'è niente») il possibile interessamento di Orange per Telecom (cioè Tim) e anche la ventilata fusione Oi-Tim Brasil.

Commenti