Economia

Il Tesoro: «Nessun aiuto alle banche»

Il Tesoro: «Nessun aiuto alle banche»

RomaNessuna bad bank di sistema con finanziamento pubblico, sul modello spagnolo. Ma via libera a tutte le iniziative che gli operatori del credito e della finanza stanno mettendo in campo per alleggerire il proprio patrimonio dai prestiti deteriorati. Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni precisa la posizione del governo, dopo la smentita di Palazzo Chigi alle indiscrezioni del Financial Times, secondo le quali il premier Letta sarebbe stato contrario all'idea della bad bank in cui far confluire i crediti a rischio che appesantiscono i conti delle banche italiane.
Proprio ieri la Banca d'Italia ha reso noti dati da brivido: nel 2013 le sofferenze sono arrivate a quota 155,852 miliardi di euro, oltre 30 miliardi in più rispetto alla fine del 2012. E, di pari passo, continuano a diminuire i prestiti a famiglie e imprese. Di «sofferenza» si parla quanto il credito è al limite dell'inesigibile, ma l'intera partita dei prestiti incagliati o dubbi vola intorno a quota 300 miliardi. Numeri che preoccupano molto Ignazio Visco: non è un caso se il governatore ha rilanciato l'ipotesi di «interventi più ampi» rispetto alle iniziative portate avanti da singoli istituti.
Quali interventi? Saccomanni ricorda che in Italia si potrà beneficiare «delle innovazioni rese possibili da pratiche già diffuse in altri Paesi, e per le quali esiste una consistente esperienza presso diversi operatori internazionali». Fra questi operatori il ministro ha raccolto «manifestazioni di interesse» per il mercato italiano durante le recenti visite alla City di Londra e a Wall street. Il ministro valuta positivamente anche le «iniziative di natura consortile» di operatori di settore, ma ritiene che «a tale scopo non sia necessario l'impiego di risorse pubbliche nazionali o comunitarie». No, dunque, all'utilizzo di fondi pubblici; e no all'ipotesi di un intervento, ad esempio, del Long term refinancing operation della Bce. L'idea che possano arrivare soldi pubblici alle banche, dopo le polemiche sulla rivalutazione delle quote Bankitalia, è indigeribile.
Per il momento le banche si stanno muovendo autonomamente. I due maggiori istituti - Intesa Sanpaolo e Unicredit - starebbero studiando con Kohlberg Kravis Roberts l'ipotesi di un veicolo in cui apportare crediti «ristrutturati» per oltre 10 miliardi di euro. Altre cessioni creditizie minori sono già state effettuate. All'Abi confermano che non vi è alcuna trattativa in corso fra l'associazione bancaria e le istituzioni. Una bad bank potrebbe essere più utile per le banche medie e non per istituti come Unicredit «che può e deve risolversi i problemi da sola», conferma l'ad Federico Ghizzoni. «Non credo che Visco avesse in mente un intervento pubblico, quanto una forma di cooperazione fra banche», conclude Ghizzoni. Una struttura di tipo consortile potrebbe, per esempio, riguardare le popolari oppure il credito cooperativo.
In ogni caso, la questione è ufficialmente sul tappeto. Il 2014 è l'anno del redde rationem per le banche, sottoposte allo scrutinio severo della Bce. Alcuni istituti europei non riusciranno a superare gli esami, dice al Financial Times Daniele Nouy, presidente del nuovo organismo di supervisione unica bancaria della Bce, «e bisogna accettare l'idea che alcune banche non hanno futuro e dovranno chiudere i battenti in modo ordinato».

Dall'analisi Bce sulle banche italiane potrebbero emergere «carenze» per 10-15 miliardi, dice il direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini, fiducioso che gli stress test saranno comunque superati senza grossi problemi.

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