Economia

Tim, il calo 2018 affossa il titolo (-7%)

Pesa il margine negativo. Per i sindacati 20mila posti a rischio. Gubitosi lavora sul piano

Tim, il calo 2018 affossa il titolo (-7%)

Tim scende del 7,2% in Borsa tra volumi altissimi, ieri è stato scambiato il 2,7% del capitale, dopo che giovedì il cda ha ufficializzato la discesa dell'ebitda. E dunque il margine lordo prodotto dalla società in Italia è stimato in diminuzione «mid single digit», ossia del 5% rispetto all'anno precedente. Un fatto provocato sopratutto dall'arrivo di Iliad sul mercato del mobile. Tim, per resistere all'emorragia di clienti, ha creato un suo gestore low cost che propone praticamente gli stessi prezzi dell'aggressivo concorrente francese e ha anche rimodulato tutte le sue tariffe al ribasso. Il vero problema è che il piano industriale presentato dall'ex ad Amos Genish indicava un aumento del margine per il 2018. Per Mediobanca Securities «era già chiaro dopo i primi due trimestri dell'anno che l'obiettivo era difficile da raggiungere». Insomma, Genish ha sbagliato ma chi l'ha voluto al vertice di Tim - ossia Vivendi, primo socio con il 23,9% - ritiene invece che l'obiettivo del cda sia solo «quello di incolpare» l'ex ad. Tim risponde a stretto giro di posta «che informare il mercato di quanto avviene in una azienda sia non solo prassi ma obbligo di legge». I fatti del resto parlano da soli. Il top manager israeliano è rimasto alla guida di Tim fino al 18 novembre e dunque, per il cda di Tim, «i risultati sono frutto di un piano e di un ad indicati a suo tempo da Vivendi». Per i francesi invece, che hanno perso la governance della società il 4 maggio scorso nello scontro con Elliott, appoggiata da Cdp, e che sperano di riprenderla nell'assemblea del 29 marzo, la colpa è dei consiglieri scelti dal fondo Usa. Vivendi ritiene che Elliott possa trarre vantaggio dal calo del titolo per via di un derivato che protegge il valore delle sue azioni Tim. Dal canto suo Asati, l'associazione dei piccoli azionisti della società, chiede intanto a Vivendi e Elliott di far cessare le ostilità per il bene dell'azienda e a Cdp di entrare con maggior peso nell'azionariato i sindacati lanciano l'allarme. Per Vito Vitale segretario della Fistel Cisl «tutto il settore tlc è in sofferenza e le risorse impiegate per il 5G rischiano di avere impatto negativo sull'occupazione. Nel comparto, compresi i call center, c'è un rischio occupazionale di 15-20mila persone». A pesare non è solo l'esborso elevato per l'acquisto delle frequenze 5G, ma anche la concorrenza nel mobile di Iliad che «ha solo poche centinaia di dipendenti e mette in atto una politica di prezzi bassi e danneggia il mercato».

Ora la palla passa all'ad di Tim Luigi Gubitosi che il 21 febbraio dovrà presentare un piano credibile e seguire il dossier sulla separazione della rete, valutata intorno ai 10 miliardi con potenziale fusione con Open Fiber. Per Moody's, quanto comunicato comprese le previsioni per il 2019, «riflettono sfide crescenti, ma ampiamente in linea con le stime».

Secondo la società di rating «questi trend continueranno nel 2019 e, di conseguenza, la riduzione del debito (25 miliardi) pur fortemente necessaria, sarà più lenta del previsto».

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