Economia

Da Tim a Fincantieri e Fca in Borsa sarà autunno caldo

L’Italia si gioca i rapporti di forza con la Francia Il riassetto del Lingotto e il «rientro» di Mps sul listino

Da Tim a Fincantieri e Fca in Borsa sarà autunno caldo

Il rientro dalla pausa estiva si preannuncia torrido per gli equilibri di Piazza Affari. Da scrivere c’è infatti il finale di almeno tre partite cruciali per la grande finanza italiana: stiamo parlando del possibile ricorso del governo agli steccati del golden power sul controllo di Tim da parte della francese Vivendi, della battaglia in corso sempre con la Francia dopo lo stop di Macron a Fincantieri-Stx e dell’atteso ritorno sul listino del Monte Paschi, reduce dal salvataggio di Stato da 8 miliardi circa. Cui si aggiungono, in prospettiva, le mosse di Fca (19,2 miliardi la capitalizzazione di venerdì in Borsa) sullo scacchiere delle alleanze internazionali, dopo le avance giunte dai cinesi, intenzionati a mettere le mani sul Lingotto o su parte di esso.

Per quanto riguarda Tim (12,3 miliardi di capitalizzazione) e Fincantieri (1,6 miliardi), l’Italia si gioca sia il caposaldo politico di ribadire la «parità» nei rapporti con Parigi in seno all’Europa unita, sia il controllo di alcuni asset strategici. Tim, più precisamente la controllata Sparkle, custodisce infatti 560mila chilometri di rete su cui viaggiano i dati sensibili utili anche all’intelligence. Ecco perché il governo Gentiloni sta studiando il ricorso al golden power per mantenere Sparkle in mani italiane. Ma, secondo indiscrezioni, Consob potrebbe presto certificare il «controllo di fatto» da parte di Vivendi su Tim (di cui è il primo socio con il 23,9%, esprime presidente e direttore operativo). A quel punto il gruppo presieduto dal finanziere bretone Vincent Bolloré, sarebbe chiamato a consolidare la partecipazione e quindi il debito di Tim (25 miliardi il netto). Una battaglia in punta di diritto dall’esito incerto - Vivendi ha presentato memorie difensive sostenendo di avere solo la «direzione e coordinamento» di Tim - che rappresenta però un grande rischio per Bolloré, già bersaglio della causa miliardaria intentata dalla galassia Fininvest-Mediaset dopo il voltafaccia di Vivendi sull’acquisto della pay-tv Premium, malgrado l’accordo vincolante sottoscritto. Intanto pochi giorni fa il governo ha fatto cadere il tabù di un eventuale accordo industriale Mediaset-Tim.

Crescente anche il peso tattico-strategico dell’acquisto della transalpina Stx da parte di Fincantieri: Macron, smentendo la linea del suo predecessore Hollande, non vuole lasciare all’Italia il controllo del polo navale di Saint Nazaire, quindi lo ha nazionalizzato, giocando al contempo sul tavolo delle trattative di allargare l’intesa al settore militare. Una soluzione sul libro soci per lasciare la maggioranza all’Italia non si vede ma il governo - per bocca del sottosegretario Sandro Gozi - ha detto di augurarsi un «accordo complessivo» entro il 27 settembre, quando è in agenda un bilaterale a Lione.

Insieme al futuro di Fca si giocherà invece quello di un simbolo dell’industrializzazione del nostro Paese. Il Lingotto, pur in passato più volte fruitore di aiuti pubblici, continua a dare lavoro nelle sue fabbriche italiane a poco meno di 34mila addetti. In Borsa si scommette ora che John Elkann intenda accelerare sulla diversificazione del business della holding Exor, procedendo a un riassetto di Fca e ad accordi mirati che di fatto consentano agli eredi di Gianni Agnelli di conservare la sola parte premium del Lingotto (Maserati e Alfa Romeo) da affiancare a Ferrari.

Nel mondo del credito, l’attesa è invece concentrata sul ritorno in Borsa della Mps di Stato dopo l’ennesima pulizia che ha portato a un buco di 3,2 miliardi nel semestre. L’ad Marco Morelli ha previsto il listino per fine settembre, a fronte di un piano industriale che promette 1,2 miliardi di utili nel 2021, dopo la chiusura di 600 filiali e il taglio di 5.500 addetti (prepensionati con il Fondo esuberi). Pochi giorni fa - calcolava la Reuters - i credit default swap sul debito subordinato di Siena, convertito in azioni nel piano di salvataggio, implicavano una valutazione implicita dei nuovi titoli Mps inferiore al prezzo pagato dal Tesoro.

La rentrée in Piazza Affari di Mps, insieme all’ormai prossimo aumento di capitale Carige, saranno però importanti segnali del definitivo ritorno alla normalità dopo la lunga (e costosissima) stagione dei salvataggi iniziata a novembre 2015 con Etruria e da poco chiusa con Popolare Vicenza e Veneto Banca.

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