Economia

Torna il mini-euro, ma ha le ore contate

Test di Draghi sulla valuta unica in vista delle possibili novità della Bce a dicembre

Torna il mini-euro, ma ha le ore contate

Fino a tre anni fa, quando l'euro ipertrofico esibiva i muscoli, il mantra di Mario Draghi era questo. Poi rottamato dalla litania da quantitative easing germinata dal celeberrimo «whatever it takes» e successivamente declinata nelle sue innumerevoli sfumature. Da allora, con la pressione dell'euro sgonfiata dagli acquisti miliardari dell'Eurotower e da tassi perfino più freddi dell'inflazione, la questione valutaria ha smesso di essere oggetto di discussione.

Ora però, con l'avvicinarsi della naturale scadenza (marzo 2017) del piano di acquisti da 80 miliardi al mese, potrebbe tornare di stretta attualità. Giovedì scorso, durante la conferenza stampa, l'ex governatore di Bankitalia si è lasciato sfuggire un'ovvietà: vero, tutto passa. Ma ciò è bastato per far balzare all'istante l'euro sopra 1,10 dollari. «È come se per pochi minuti fosse stata testata l'ipotesi di quale potrebbe essere la reazione, in assenza del Qe», spiegano da Mps Capital Service. Una reazione poi corretta non appena Draghi ha spiegato che resta sul tavolo l'opzione di estendere gli aiuti, magari in dicembre, sia sotto il profilo temporale, sia su quello della composizione degli asset acquistabili. A giudicare dall'andamento di ieri della moneta unica, scesa sotto 1,09 (1,087) nei confronti del biglietto verde, minimo da marzo, sembra che i mercati diano credito a una Bce ancora espansiva.

Le ipotesi sono di un allungamento di 6-9 mesi del programma, con un allargamento del perimetro dello shopping attorno ai 500 miliardi. Per poter mettere in atto questo progetto, Draghi ha però bisogno di caricare il bazooka con nuove munizioni. Ma trovarne altre non è facile, almeno se si vuole evitare lo scontro frontale con la Germania e i Paesi del Nord. Che certo non approverebbero senza colpo ferire, per esempio, la modifica della regola in base alla quale alla Bce è consentito comprare bond sovrani in proporzione alla grandezza dell'economia dei singoli Paesi. Spostare il peso dai bund ai Btp o ai Bonus spagnoli alimenterebbe di nuovo la polemica secondo cui Draghi ha un occhio troppo benevolo nei confronti dei Paesi più indebitati. Il fatto è che la Bce ha sempre maggiore difficoltà a trovare bund il cui rendimento non sia inferiore al -0,4% applicato alle banche dall'Eurotower.

Due le alternative: o un annacquamento della regola legata al tasso sui depositi, oppure un rafforzamento dell'euro, con un contestuale rafforzamento dei rendimenti del bund, come appunto successo l'altro ieri, anche se solo per pochi minuti. Quest'ultima strada è la meno praticabile: di tutto la Bce e l'intera eurozona hanno bisogno, tranne che di un apprezzamento della moneta unica che avrebbe conseguenze pesanti sull'export e su una crescita già anemica. L'intera impalcatura del Qe mira a un duplice obiettivo: sostenere l'economia reale e svalutare l'euro. Il primo non è stato ancora centrato. Il secondo rischia di saltare se in dicembre l'Eurotower non farà chiarezza su ciò che intende fare. Compito che potrebbe essere reso complicato dai risultati delle presidenziali Usa e dal referendum italiano. Draghi sembra insomma non avere che una possibilità: andare avanti con il Qe. Ma senza le riforme strutturali che va da tempo chiedendo ai governi, sarà ancora lasciato solo.

E con il voto in Germania l'anno prossimo la battaglia all'interno della Bce si preannuncia dura.

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