Economia

La tregua sui dazi piace alle Borse. Ma la resa dei conti è solo rimandata

L'armistizio serve a proteggere l'economia in una fase delicata

La tregua sui dazi piace alle Borse. Ma la resa dei conti è solo rimandata

La tregua sui dazi siglata a Buenos Aires al termine del G20 da Donald Trump e dal suo omologo cinese, Xi Jinping, ha mandato ieri su di giri le Borse mondiali. I rialzi superiori al 3% a Shangai e all'1% in Europa (+2,26% Milano, la migliore) e a Wall Street (versante Nasdaq, soprattutto) sono il segno di un bel sospiro di sollievo tirato dai mercati. Nessuno voleva una guerra commerciale, nè tanto meno un suo inasprimento, proprio in un momento in cui la crescita globale è in affanno e i listini soffrono di questo rallentamento. L'armistizio tra Washington e Pechino risponde proprio all'esigenza di dare ossigeno ai listini e, di conseguenza, evitare che ulteriori avvitamenti dei mercati finanziari si trasmettano all'economia reale fino a sfociare in una recessione.

Del resto, forzare la mano sarebbe stato rischioso. Perfino la Federal Reserve ha abbandonato i toni da falco per diventare più conciliante sui rialzi dei tassi, come chiesto più volte dalla Casa Bianca. I mercati prezzano ora solo una stretta nel 2019. Nonostante il +3,5% messo a segno dal Pil nel terzo trimestre, il passo degli Usa potrebbe infatti diventare più debole nell'ultimo quarter dell'anno, quando l'effetto degli sgravi fiscali sarà scemato.

Quanto al Dragone, il crollo del 20% subito dalla Borsa da inizio gennaio è lo specchio di un Paese in frenata (+6,5% la crescita nel terzo trimestre) e che, per la prima volta dal 1993, ha accusato nei primi nove mesi un deficit delle partite correnti, ovvero l'import-export di beni, servizi e capitali.

Tre mesi di tregua, di per sè, non significano nulla. Se a febbraio - o prima - non sarà stata trovata un'intesa, il cessate il fuoco si rivelerà solo il classico calcio al barattolo. Prendere tempo nella speranza che il deterioramento congiunturale migliori può essere una tattica, per quanto rischiosa. I propositi, stando almeno alle dichiarazioni di un portavoce del ministero cinese degli Esteri, sono ambiziosi: Trump e Xi Jinping avrebbero dato disposizioni ai funzionari che si occupano del dossier di trovare il modo di rimuovere «tutte le tariffe». Peccato che Pechino non abbia confermato il tweet con cui The Donald ha fatto sapere che la Cina «ha concordato di ridurre e rimuovere (sic) i dazi sulle automobili che entrano in Cina dagli Usa, attualmente al 40%».

Su alcuni punti cruciali, in effetti, le posizioni tra le due super-potenze restano sideralmente distanti.

A cominciare dalla protezione della proprietà intellettuale e dalla riduzione degli ostacoli per le compagnie Usa che vogliono investire nell'ex Celeste Impero, fino alla vendita di armi americane a Taiwan e alla disputa con Washington sul Mar Cinese Meridionale.

Commenti