Economia

Trump fa sbandare le auto in Borsa

La Casa Bianca: dazi del 25% anche sulle vetture importate. Fca tira il freno: -1,8%.

Trump fa sbandare le auto in Borsa

In Europa: Fca -1,84%, Renault -1,68%, Peugeot -1,11%, Daimler -2,77% e Volkswagen -2,54%. A Wall Street: General Motors +1,2%, Ford +1,6%, Fca -1,6%. Ci sono sempre due facce della stessa medaglia. A maggior ragione se di mezzo c'è Donald Trump, pronto ora a introdurre dazi del 25% sulle importazioni di auto straniere. Sarà, come dicono gli analisti, che l'ultimo atto bellicoso del tycoon sia teso a far scendere a più miti consigli il Messico, così da sbloccare i negoziati sul Nafta impantanati da mesi proprio sulla questione dell'import di veicoli; ma a soffrire - subito - sono stati in Borsa i titoli delle case automobilistiche europee. Neppure Fca è stata risparmiata, nonostante il gruppo guidato da Sergio Marchionne abbia molti stabilimenti negli Stati Uniti targati Chrysler.

C'è però anche il versante italiano da considerare. E questo pesa. Soprattutto se, il prossimo primo giugno, saranno confermate le indiscrezioni secondo cui negli impianti della penisola verrà concentrata la produzione di modelli «premium», quelli che garantiscono maggiori margini di profitto. E che permetteranno di saturare al meglio le catene di montaggio, come quelle di Mirafiori o Pomigliano, destinate a perdere modelli storici tipo Panda, Punto e Alfa Romeo Mito per accogliere più Jeep e Suv, con maggior appeal sui mercati internazionali. E, quindi, a rischio di finire nella tagliola delle tariffe punitive decise dalla Casa Bianca.

Di sicuro, Trump ha aperto un nuovo fronte di scontro all'interno del braccio di ferro commerciale inaugurato con l'imposizione di sovrapprezzi su acciaio e alluminio. E lo ha fatto non solo bypassando il Congresso per mezzo della Sezione 232 del Trade Expansion Act (una legge che mette la Casa Bianca in condizione di agire in totale autonomia a difesa della sicurezza nazionale), ma anche in un momento delicato per le relazioni internazionali. Ovvero, proprio quando Washington sta ancora trattando con Pechino le condizioni per esentare i cinesi dalle forche caudine dei dazi. L'ultima mossa di The Donald rischia tra l'altro di risultare doppiamente sgradita: il Dragone potrebbe interpretarla come il tentativo di stoppare sul nascere il proposito dei produttori cinesi di auto di sbarcare sul mercato statunitense. Dura infatti la risposta: l'ennesima mossa protezionistica «indebolirà il sistema commerciale multilaterale e sconvolgerà l'ordine del commercio internazionale».

Non un buon viatico per la prosecuzione dei negoziati. Anche la Germania, grande esportatrice di auto, non è rimasta insensibile. La Cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha difeso il libero scambio nel suo primo giorno di visita nella capitale cinese. «Cina e Germania stanno promuovendo il multilateralismo e sostengono il libero scambio». E Volkswagen ha messo in guardia dagli effetti del «protezionismo unilaterale» che «non ha mai aiutato nessuno a lungo termine», mentre in Europa aumentano i timori per l'atteggiamento di chiusura di Trump, a pochi giorni dalla scadenza del primo giugno che potrebbe mettere fine all'esenzione per l'Ue dai dazi su acciaio e alluminio.

Dal vicepresidente della Commissione Ue, Jyrki Katainen, è già partito un altolà: «Coi dazi sull'auto gli Usa violerebbero le regole del Wto».

Commenti