Economia

«Il turismo di lusso salverà l'Italia»

Il numero uno di Forte Hotels: «Dopo l'asse con la Cdp pronti allo shopping. Ma al Paese manca visione strategica»

«Il turismo di lusso salverà l'Italia»

Riportato il bilancio sui livelli precedenti alla crisi del debito sovrano (250 milioni di euro di ricavi e 40 di margine operativo), «avevamo necessità di capitali per espandere il gruppo Rocco Forte Hotels sia in Italia sia nel mondo»: Rocco Forte, passaporto inglese ma Dna italiano e due dei tre figli in azienda, parla al Giornale all'indomani dell'operazione che ha portato la Cassa depositi e Prestiti a rilevare il 23% della sua società, basata a Londra, a fronte di un'iniezione di capitale pari a 76 milioni. La Cdp ha completato l'operazione tramite il Fondo strategico e Fsi Investimenti, di cui sono soci gli emiri del Kuwait. «Vogiamo creare in Italia una rete di hotel extra-lusso, capace di attirare viaggiatori interessati a riscoprire il Grand tour ,che tanto affascinò i nobili del '700-800», sottolinea l'erede di Lord Charles Forte, uno dei primi imprenditori italiani d'Oltre Manica.

Dottor Forte, in quali zone d'Italia volete crescere?

«Stiamo vagliando opportunità a Venezia, Milano e Napoli. Sono convinto delle potenzialità inespresse della Sicilia, dove possediamo un fantastico resort. L'isola, molto più ricca d'arte della Sardegna, non dispone di molti alberghi a cinque stelle. Penso per esempio a Taormina o Siracusa».

Fsi potrebbe entrare in Boscolo Hotels, ci saranno sinergie?

«Non credo, la nostra focalizzazione è il puro lusso».

Quali sono i piani per l'estero?

«Vogliamo potenziare il nostro network, le priorità sono Parigi, New York, Mosca e il Medio Oriente. Il Fondo strategico è un partner ideale perché ragiona a lungo termine e quindi in sintonia con il nostro business. Altri investitori del private equity, invece, puntano solo a raddoppiare l'investimento in 5 anni e poi monetizzano».

Quanto tempo occorre per portare in pareggio un albergo?

«La ristrutturazione di un palazzo esistente richiede in media 12-18 mesi, un edificio nuovo fino a 24 mesi. A quel punto occorrono tre anni per sfruttarlo appieno».

Gli arabi di Etihad sono diventati grandi soci di Alitalia, il Paese ne beneficerà in termini di flusso turistico in entrata?

«Spero di sì. Oggi Alitalia non è considerata nel mondo una scelta primaria tra le linee aeree e questo danneggia la Penisola. L'ad di Etihad, James Hogan, è molto bravo nel marketing; se il suo piano avrà successo ne beneficerà tutto il settore alberghiero nazionale».

Perché la Penisola non riesce a sfruttare davvero il proprio patrimonio storico-artistico?

«Purtroppo manca un piano strategico sia a livello di govero centrale sia delle amministrazioni locali. Ci sono infrastrutture insufficienti e una burocrazia opaca, molto ardua da comprendere per un operatore estero».

Cosa consiglia all'esecutivo?

«Investire su aeroporti e strade. Promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, stanziando il denaro necessario per farlo; Spagna, Irlanda e Scozia si sono organizzate molto meglio. Gli americani adorano venire in Italia, il flusso turistico potrebbe essere molto più intenso. La Penisola ha però un settore alberghiero caratterizzato da realtà mono-familiari, brave nella gestione, ma spesso in difficoltà sulle strategie di medio termine».

Perché un vip dovrebbe scegliere una struttura del suo gruppo rispetto a quella di un concorrente griffato della moda?

«Ogni nostro albergo ha una sua storia e individualità connaturata alla città in cui si trova. La mia è una famiglia di albergatori, e non sapremmo creare vestiti».

Da Londra, come legge la battaglia intestina all'Eurozona sulle misure da adottare per uscire dalla crisi?

«L'euro è stato un grande errore, non è possibile avere una sola moneta senza un governo e un sistema fiscale unico. Malgrado Mario Draghi stia facendo miracoli, manca anche una vera banca centrale.

Non è accettabile che Renzi debba andare a trattare con Angela Merkel sul deficit-pil italiano».

Commenti