Economia

Unicredit rialza la testa e balza del 7,6% in Borsa

Occhi sulle cessioni, ma gli analisti sono dubbiosi. Voci di un possibile cda già il 24 per il cambio del vertice

Dopo una settimana pesantissima, fra voci di imminenti ribaltoni al vertice e ipotesi di aumenti di capitale dai 5 ai 7 miliardi, ieri il titolo Unicredit è finalmente tornato a splendere in Piazza Affari con un balzo del 7,59% riagganciando addirittura la soglia dei 3 euro.

A far tornare il sereno sono state le ricoperture dopo la caduta delle settimane scorse o forse la Borsa ha capito che la situazione non è poi così terribile come vorrebbe farci credere la speculazione? Di certo, il rally di ieri non può essere imputato solo agli ultimi rumors ulla vendita di alcuni «gioielli di famiglia» per evitare una ricapitalizzazione. Sul mercato finirebbero, secondo l'agenzia Bloomberg, il 15-20% di FinecoBank o alcune controllate estere come Bank Pekao o la turca Yapi Kredi. Per ora si tratta solo di indiscrezioni, non nuove, e comunque queste operazioni straordinarie potranno essere decise solo dopo l'eventuale uscita dell'ad Federico Ghizzoni. Compreso uno studio di fattibilità sullo scorporo delle attività nei pagamenti (si occupano della rete interbancaria, regolamenti, bonifici transfrontalieri etc) che potrebbe valere fino a 500 milioni e che avrebbe già dei potenziali acquirenti. Le dismissioni lasciano scettici molti analisti. Secondo quelli di Mediobanca Securities la mossa potrebbe ridurre al minimo l'eventuale aumento di capitale sgradito ad alcuni azionisti dell'istituto (come le Fondazioni Crt e Verona che non vengono citate direttamente nel report) ma la banca potrebbe però incappare in alcuni ostacoli normativi da parte dei regolatori e «non sarebbe convincente nemmeno smembrare Unicredit, lasciando le unità meno performanti in Germania e in Austria». Altri analisti fanno notare che eventuale cessioni alzerebbero l'asticella dei requisiti patrimoniali richiesti dalla vigilanza ma al tempo stesso, abbasserebbero gli utili per azione visto il futuro perimetro più ristretto. Senza sottovalutare i rischi di una svendita. Il problema, quindi, resta: il cosiddetto Cet 1 di Unicredit, ovvero l'indice di patrimonializzazione che ci dice con quali risorse una banca riesce a garantire i prestiti concessi ai clienti e i rischi rappresentati dai crediti deteriorati: a fine marzo era a 10,85%, poco sopra al limite richiesto dalla Vigilanza europea. Con i tassi di interesse della Bce ai minimi storici, anche se la banca fa profitti la loro crescita è inferiore a quella dei rischi legati agli impieghi.

In piazza Gae Aulenti, intanto, nulla è cambiato. E nessuno conferma l'ipotesi di un cda straordinario convocato per martedì 24 maggio al quale Ghizzoni potrebbe addirittura presentarsi dimissionario. Certo, fa notare qualcuno appassionato di finanza ma anche di calcio, sarebbe un pessimo biglietto da visita per la banca e per gli stessi suoi azionisti presentarsi con un management in uscita a San Siro sabato 28 dove il Real e l'Atletico Madrid si giocheranno la finale di Champions League. Di cui Unicredit, che farà gli onori di casa a Milano, è sponsor ufficiale.

CC

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