Economia

Unicredit, la superpulizia salva l'utile

Unicredit, la superpulizia salva l'utile

Unicredit sceglie la strada della prudenza ma ritorna comunque al dividendo. La sintesi dei conti 2012 è sostanzialmente questa. Il gruppo guidato da Federico Ghizzoni ha chiuso l'esercizio terminato il 31 dicembre con un utile netto di 865 milioni. Il 2011 aveva registrato una maxiperdita di 9,2 miliardi legata alla svalutazione del goodwill, mentre gli analisti si attendevano per l'anno appena terminato profitti per 1,24 miliardi.
Le intemperie della finanza, inoltre, determineranno la revisione del piano industriale al 2015. «Gli obiettivi sono posposti non cancellati - ha spiegato Ghizzoni - ma decideremo quando i mercati si saranno stabilizzati».
Se lo scenario macroeconomico fosse normale, la Borsa avrebbe bocciato il bilancio. E invece Unicredit ha chiuso con un modesto rialzo dello 0,58% a 3,828 euro in quanto gli operatori hanno apprezzato la scelta controcorrente dell'amministratore delegato e soprattutto la cedola di 9 centesimi (6 cent le stime del mercato) estrapolata dale riserve. Piazza Cordusio ha infatti deciso di aumentare del 67,7% gli accantonamenti su crediti a 9,6 miliardi (2,1 miliardi relativi all'Italia). Il tasso di copertura dei non performing loans è salito al 44,8% e in Italia al 43,4% risultando il più elevato del settore. «È stata una scelta manageriale e non imposta da Bankitalia», ha specificato Ghizzoni ricordando che il controllo effettuato da Via Nazionale (non con ispezione ma con l'analisi di un portafoglio di 550 clienti) ha richiesto solo un «incremento di coperture per 60 milioni».
Il 2012 di Unicredit sconta l'eurocrisi. I ricavi sono rimasti stabili a 25 miliardi grazie al trading più che raddoppiato a 2,3 miliardi mentre il margine di interesse ha segnato il passo (-6,3% a 15,2 miliardi tra bassi tassi e stagnazione del credito). Il contenimento dei costi a 15 miliardi (-3%) ha portato il mol a 10,1 miliardi (+10,1%), mentre la scelta di affrancare il goodwill ha portato 2 miliardi che hanno consentito di all'utile di raggiungere una dimensione più che dignitosa. La Germania è andata molto bene: Unicredit Bank Ag distribuirà dividendi alla capogruppo per 2,5 miliardi (il 100% dell'utile di 1,5 miliardi e uno straordinario di 1 miliardo) mantenendo un Core Tier 1 del 17,4 per cento (quello di gruppo è salito al 10,84% dal 10,67% di settembre).
In Italia, invece, la musica è diversa: gli accantonamenti hanno portato l'utile prima delle imposte a -2,6 miliardi. Continuerà il deleveraging e la riduzione dei costi. Anche se non ci sarà solo austerity. «Vogliamo tornare ad assumere e quest'anno entreranno 500 giovani». Poi, dipenderà anche dalla politica. «C'è troppa incertezza che frena gli investimenti, il Paese sarebbe anche pronto a ripartire ma ci vuole chiarezza», ha detto il top banker sottolineando che anche per questo motivo si rinvierà il rimborso dei 26,1 miliardi presi con l'Ltro (che peraltro è possibile in qualunque momento») a tempi migliori.


Ecco perché Unicredit userà la leva dell'ottimizzazione del capitale uscendo dal Kazakhstan: Atf (onere straordinario di 260 milioni nel quarto trimestre) sarà ceduta al magnate di Astana Yessenov.

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