Economia

Unicredit taglia 5.500 addetti in Italia

In Europa attese 8mila uscite. Mustier promette 8 miliardi tra cedole e buy back

Unicredit taglia 5.500 addetti in Italia

Completata la ristrutturazione di Unicredit, l'ad Jean Pierre Mustier ieri a Londra ha tolto il velo al nuovo piano industriale avviando la fase due nel mare agitato dei tassi negativi: ottimizzare l'allocazione del capitale e semplificare la struttura del gruppo anche con una riorganizzazione dell'organico, mettendo una volta per tutte la pietra sopra alle voci di fusioni o acquisizioni. Da qui al 2023 l'istituto di piazza Gae Aulenti farà felici gli azionisti con 16 miliardi di euro: sei miliardi verranno distribuiti come dividendi cash, due miliardi sotto forma di riacquisto di azioni proprie e altri 8 miliardi saranno di incremento del capitale netto tangibile. Il rovescio della medaglia sono 8mila tagli al personale dell'intero gruppo, pari al 12% del totale, con una sforbiciata al 17% delle filiali, ne verranno chiuse in tutto 500.

L'obiettivo è raggiungere nei prossimi quattro anni 19,3 miliardi di ricavi e a un utile netto rettificato per le voci non operative di 5 miliardi.

«Stiamo iniziando ora le trattative con i sindacati», ha spiegato ieri Mustier, ricordando che nel piano precedente la banca ha agito «in modo socialmente responsabile e continueremo a farlo». Le organizzazioni di categoria, però sono sul piede di guerra. «Non lo possiamo accettare. Il governo non può accettarlo. Prima di aprire un gravissimo conflitto Unicredit riveda tutto. Ritiri quanto ha improvvidamente annunciato e, prima di compiere azioni gravi e irreparabili, discuta con il sindacato», ha tuonato il leader della Cgil, Maurizio Landini mentre il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, si dichiara pronto «a qualsiasi iniziativa di opposizione». Unicredit ha complessivamente circa 84,6 mila dipendenti di cui circa 60mila in Europa Occidentale (38mila in Italia, 14mila in Germania e 6mila in Austria). Le filiali in Europa occidentale sono circa 2.870 di cui 2.400 circa nel nostro Paese.

Mustier non ha dato dettagli su come verranno gestiti gli esuberi ma secondo quanto riferiscono fonti sindacali le uscite in Italia legate al nuovo piano sono 5.500, a cui si aggiungono altre 500 previste dal precedente accordo, mentre le filiali coinvolte sarebbero 450.

Nel nuovo piano Mustier intende anche affrontare i marosi dei tassi di interesse più bassi che fanno assottigliare il margine tra ciò che le banche fanno pagare per i prestiti e ciò che pagano ai risparmiatori. La struttura interna verrà rinnovata, raggruppando le attività estere, con l'eccezione della Turchia, in una subholding non quotata con sede in Italia e limitare i prestiti infragruppo. Servirà a migliorare i requisiti del cosiddetto Mrel (il cuscinetto di passività in grado di assorbire le perdite) ma la sua realizzazione è attesa verso la fine del piano, visti anche i tempi tecnici di autorizzazione. La «resilienza» della profittabilità in qualsiasi tipo di scenario macro e il ritorno di capitale si confermano dunque come il nuovo fattore chiave mantenendo un focus sulla crescita organica e senza mire espansionistiche, assicura Mustier. Perché «preferiamo il buyback alle fusioni e prenderemo in considerazione solo piccole acquisizioni che integrano le attività della banca» e comunque nel Centro-Est Europa.

In Piazza Affari, il nuovo piano di Unicredit è stato accolto senza scossoni. Gli 8mila esuberi sono inferiori ai 10mila ipotizzati nei mesi scorsi e di norma, peraltro, sono ben accolti dagli investitori come tagli dei costi.

Il titolo ha così archiviato la seduta con un -0,4% a 12,3 euro.

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