Economia

Gli Usa meno "verdi" favoriscono Fca

Pruitt pronto a stravolgere l'Agenzia per l'ambiente. Il ricatto sul Messico

Gli Usa meno "verdi" favoriscono Fca

Che Donald Trump stia riconoscendo all'industria dell'auto un ruolo fondamentale, non solo per l'economia e l'occupazione americana, ma anche per la sua immagine e per sdebitarsi con i colletti blu che lo hanno votato, lo si è subito capito. Il futuro inquilino della Casa Bianca, inoltre, ha palesato un debole anche per i top manager del settore: ha infatti chiamato Mary Barra, presidente e ad di General Motors, a far parte dal team di consiglieri sui temi del lavoro, per guardare poi ad Alan Mulally, l'ex numero uno di Ford nonché artefice del salvataggio del gruppo senza ricorrere al salvagente lanciato da Barack Obama, come possibile segretario di Stato; scelta poi caduta sul ceo del colosso petrolifero Exxon, Rex Tillerson.

Ma anche la nomina dell'avvocato del Kentucky, Scott Pruitt, al vertice dell'Agenzia americana per l'ambiente (Epa), sarebbe da interpretare come un messaggio distensivo verso il comparto automobilistico. Pruitt, soprannomianto «il fossile» per le sue amicizie con i petrolieri e definito paladino della deregulation, è tutt'altro che un uomo green. Paradossale, ma vero, visto che guiderà la stessa agenzia che si è accanita contro il Gruppo Volkswagen, reo di aver truccato le centraline che governano le emissioni.

A questo punto c'è da attendersi una revisione a 360 gradi della politica green americana e, di riflesso, una mano tesa ai costruttori di auto impegnati in forti investimenti in vista di norme anti-emissioni sempre più stringenti. Il che potrebbe significare un allungamento dei termini di applicazione, dando più ossigeno alle Case (una richiesta simile è stata avanzata, in questi giorni, a Bruxelles dall'Associazione europea dei produttori). «Intendo guidare questa agenzia - ha detto Pruitt - in modo che favorisca sia la responsabile protezione dell'ambiente sia la libertà delle imprese Usa. Gli americani sono stanchi di vedere miliardi di dollari sottratti alla nostra economia a causa di inutili norme dell'Epa».

La svolta Pruitt potrebbe, a questo punto, favorire soprattutto Fca, che in questi anni ha speso un capitale per l'acquisto, in particolare da Tesla, di «crediti ecologici» per compensare i livelli elevati di emissioni di CO2, visto il parco mezzi costituito per lo più da grossi Suv e pick-up. A vendere questi regulatory credit, voluti proprio dall'Epa nel 2010, sono anche le giapponesi Honda, Toyota e Nissan. Fca, negli Usa, è molto sbilanciata sui grossi veicoli, che consumano di più e hanno emissioni maggiori, e sta ora riprogrammando la propria strategia, pensando anche a vetture ibride (la Chrysler Pacifica) ed elettriche (oltre a Fiat 500e, già sul mercato, in particolare in California, la stessa Pacifica, che sarà presentata in gennaio al Ces di Las Vegas, e più avanti anche la Maserati Alfieri).

Ma la medaglia ha il suo rovescio: la disponibilità dell'Amministrazione Trump verso i produttori di auto potrebbe ridimensionarsi se Gm, Ford e Fca insisteranno con i programmi produttivi nel vicino Messico. Il futuro presidente Usa è stato chiaro sul problema della delocalizzazione progressiva verso il Paese del Centro America: stop o dazio del 35%.

E sarà proprio questo uno dei temi che la consigliera Mary Barra (anche a nome di Alliance, l'associazione dei costruttori Usa di auto?) discuterà con Trump subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca.

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