Economia

Vicenza perde 1,9 miliardi. "Lo Stato entri prima possibile"

Numeri choc su capitale, liquidità e conto economico. Mentre Francoforte e Bruxelles si passano la palla

Fabrizio Viola
Fabrizio Viola

Per la Pop Vicenza il tempo è scaduto. Serve al più presto una decisione definitiva della Bce su quanto capitale serve alla banca per restare solvibile e serve un verdetto della Commissione Ue sulla richiesta di intervento statale. È scritto nero su bianco nella nota che accompagna i conti 2016 approvati ieri dal cda: l'istituto ha comunicato l'intenzione di accedere alla «ricapitalizzazione precauzionale», «in mancanza allo stato di una chiara espressione di volontà da parte dell'azionista di controllo di effettuare ulteriori interventi di sostegno patrimoniale» e «sta operando affinchè tale intervento possa essere effettuato il più rapidamente possibile».

Alla luce delle adesioni all'offerta di transazione raccolte fra i soci «azzerati» - pari a circa il 72% del totale (73% la soglia comunicata, invece, da Veneto Banca) - è stato attutito l'impatto degli accantonamenti (291 milioni) per le eventuali cause legali. Ma il bilancio è stato comunque chiuso con un rosso di 1,9 miliardi.

Il risultato, scrive la banca, è stato penalizzato «soprattutto dell'evoluzione del credito deteriorato e dell'ulteriore innalzamento dei livelli di copertura, anche in seguito al recepimento delle differenze valutative emerse delle verifiche ispettive condotte dalla Bce». I crediti deteriorati lordi verso clientela si attestano a 9,8 miliardi, in aumento del 9,3% rispetto al 31 dicembre 2015. Giù del 14,4% a 18,7 miliardi la raccolta diretta a causa della crisi reputazionale che ha colpito la banca. Non solo. Il rapporto fra i costi e il margine di intermediazione, il cost-income, è sceso al 95,5%. Un deragliamento del conto economico. Nel corso dell'anno la banca ha visto uscire oltre 3 miliardi da parte dei clienti con una raccolta totale scesa di quasi 10 miliardi (-14,2%) a 52,9 miliardi. Con il risultato che il Cet1 è al 8,21% e anche il requisito relativo alla liquidità è al di sotto del limite regolamentare: senza l'ultimo versamento di Atlante la ex popolare oggi sarebbe già in risoluzione. Un po' di ossigeno era arrivato dal bond da 3 miliardi garantito dallo Stato emesso a febbraio, ma la situazione è nuovamente peggiorata a marzo «quale conseguenza della significativa uscita di raccolta commerciale a seguito dei timori di bail-in connessi alle incertezze sul processo di ricapitalizzazione», si legge nel comunicato. In tale contesto, lo scorso 23 marzo, il cda ha deciso di procedere con la richiesta a Bankitalia e al Tesoro di un'ulteriore emissione di titoli con garanzia statale fino a un massimo di 2,2 miliardi.

Sono numeri scioccanti che fanno sembrare Mps una banca da tripla A, è l'amara riflessione filtrata ieri da ambienti finanziari vicini al dossier. L'ad Fabrizio Viola però è ancora convinto di poter superare due test decisivi: sulla solvibilità e sull'ammissibilità alla ricapitalizzazione precauzionale dello Stato. Ciò significa riuscire a coprire le perdite pregresse o previste con capitali privati per poi galleggiare sopra un Cet1 al 4,5%.

Ed evitare così il bail in.

Commenti